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Supplemento al N. 49 - 211 -

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:221|3|0]]ed acume alcuna delle migliori Opere di Mozart, che in questo fu sommo, e sopra le altre il Don Giovanni, rileverà con sua meraviglia che 1 or accennata possibilità q di musicale pittura de’ caratteri è tutt’altro che una chimera. Diremo anzi di più: codesta arte di ritrarre i caratteri, in Mozart non solo si rivela allorachè la musica accompagna le parole de1 personaggi, e quando disposa i suoi accordi ai concetti della poesia^ ma ed aqche la sua musica sgomentale è improntata Mi questo speciale marchio. E in fatto si oda. a cagion d’esempio, l’ouverture del Don Giovanni, or nominato, e si dica se tutto in questo pezzo non reca una fisonomia interamente propria a preparare lo spirito allo spettacolo delle bizzarre e romantiche avventure di questa personificazione della dissolutezza e della galanteria spensierata? A nessun’altra Opera potrebbe essere premessa quest’ouverture senza che si commettesse il più grosso controsenso, poiché ella fu fatta pel Don Giovanni e tutto in sé stessa ne riflette il carattere, come l’imagine di un perfetto dagherrotipo. In nessun altro pezzo il genio di Mozart splendette di più calda potenza creatrice. All’occhio del semplice intelligente estetico è una creazione musicale ridondante di giovinezza, di freschezza, di piccante originalità, nella quale si affaccia con evidenza affascinante la pittura compendiata di un uomo frivolo, audace, buono e malvagio ad un tempo, sul cui capo la mano di Dio o tosto o tardi si graverà inesorabile}... pel conoscitore tecnico ella è una composizione dotta e perfetta in cui tutte le combinazioni del contrappunto semplice o doppio, fino al canone con imitazioni, non che tutte le risorse stromentali venner profuse. Codesto genio che sì vivo sfavilla nell’ouverture lo scontriamo in tutta l’Opera. Con quanta verità, con quanto sentimento profondo non è dipinta l’anima addolorata di donna Anna? Quanto non sono strazianti gli accenti coi quali, sul cadavere del padre di fresco ucciso in duello da don Giovanni, ella proferisce queste parole: Il padre, il padre mio, mio caro padre! Quanta evidenza e fedeltà nella descrizione dell’assassinio, nell’incomparabile recitativo Era già alc/uanlo avanzata la notte? Severo e pieno di dignità è il modo col quale ritrae il dolore di Elvira abbandonata nelle parole Ah faggi il traditole! La ingenuità contadinesca di Zeriina non è essa indicata con colori caratteristici nell’aria: Batti, batti, o bel Masetto, e la ridente giocondità della vita campestre nel leggiadro canto: Giovinette che fatte all’amore? Qual marcato contrapposto di carattere fra il fare sì giulivo di questo pezzo e quello più grave del ballo di Don Giovanni nel coro Viva la libertà, ovvero nel minuetto! Per ultimo con quanta filosofia e poetico sentimento non sono delineati i caratteri morali de’ due principali personaggi, quello del giovine libertino, e l’altro di Lepprello il suo valletto? In questo la stanchezza di una vita sempre in affanno e brighe: Notte e giorno faticar! Nell’altro i disordini della crapula: Fin che dal vino calda han la testa.,• in Leporelio la vigliacca paura de’ pericoli e le ubbie dell’uomo volgare, in Don Giovanni il coraggio cavalleresco, la impertinente irli* reflessione. L’amore ai piaceri iuebbrianti della vita, il fino accorgimento e la spensierataggine di Don Giovanni formano di lui l’eroe principale del dramma} Leporello trascinato suo malgrado a partecipare — 211 alle bizzarre avventure del suo padrone, riesce più comico per la sua vilgiaccheria che non per la sua astuzia da vecchio mariuolo. Questi due caratteri sono dipinti nella musica di Mozart colle più dilicate sfumature, con una verità drammatica e una espressione che mai non vien meno, a cominciar dall’introduzione fino all’ultimo finale. Grazie alla grande sua superiorità ne’ più astrusi studj della parte tecnica e scientifica dell’arte, Mozart poteva e sapeva servirsi con assoluto dominio di tutte le menome risorse di essa. Per riassumere le nostre opinioni intorno a questo capolavoro mozartiano, diremo che non solo fu esso sempre la delizia di tutti i pubblici intelligenti ai quali fu prodotto colla perfetta e superiore esecuzione che si richiede a degnamente interpretarlo, ma lo si considerò anche come il codice venerato, come il modello più sublime dai pochi compositori capaci di comprenderlo e di ammirarlo. Secondo l’opinione di un critico al cui giudizio sottoscriviamo pienamente, il Don Giovanni di Mozart è nella musica drammatica ciò che nella pittura è la Trasfigurazione di Rafaello. B. STOMA BKIXi «l’SIC l Rivoluzioni dell’«rrhesira VIZII DELLA MODERNA STROMENT AZIONE CONSIGLI! E PROPOSTE t«). Ma, giusti nel tributare i debiti elogi al talento superiore di Ilossini, ne è pur duopo confessare che le proporzioni dell’orchestra furono da lui sbilanciate coll’uso troppo frequente degli strumenti più forti della medesima. 11 fondamento primo dell’orchestra sarà sempre il violino ed il contrabasso} ma perchè il loro numero non venne mai sinora alterato ne’ teatri delle primarie città d’Europa, avvien pur non di rado che la sonorità degli stromenti da corda resti soffocata sotto quella dei flauti, degli oboe, dei clarinetti, dei fagotti, dei corni, delle trombe, dei tromboni, dei timpani, della gran cassa e dei triangoli: al Grand’Opéra di Parigi, pel gran numero dei violini e dei bassi, non è tanto notabile un tal difetto} ma egli è già sensibile al Teatro Italiano, e ben di peggio avviene nei teatri provinciali. Intanto non è sempre possibile di accrescere le masse proporzionatamente: la scarsezza degli artisti vi si può opporre. Egli è adunque assai trista cosa 1 aver duopo di un eccesso di effetti, i quali poi terminano col danneggiarsi vicendevolmente. Ma supponendo la possibilità di stabilire ovunque le giuste proporzioni dell’orchestra, una quistione a decidere si presenta, ed è la seguente: fatta astrazione dallo spirito creatore del vero genio, in qual modo si potrà appagare la brama oggimai tanto crescente di effetti istromentaìi? Se ne otteranno forse di novelli aumentando i mezzi di produrre strepito? No del certo, poiché questi stessi mezzi sono interdetti, quando non s ingrandisca il diametro dei tamburi e dei timpani. D’altronde il diletto per lo strepito si perde, come quello d’ogni altra cosa. E ben maggiori difficoltà si avrebbero pure a superare nel volere indurre il pubblico ad aggradire la semplicità deli’istromentazione di Paisiello e di Cimarosa, poiché osserviamo in oltre che a sot(a) Vedi i IV. 40 e 42 di questa Gazzetta. tomettere l’istromentale a questo passo retrogrado, vi vorrebbe un genio più grande di quello che già abbisognò onde portarlo alla moderna perfezione. Che resta or dunque a farsi? Ecco le nostre idee a tal proposito. La varietà è ciò che più vivamente si desidera nelle arti} ma ella si ammira pur difficilmente in queste: mezzo valevole ad ottenere più graditi effetti dell’orchestra sarebbe pertanto lo studiare il più possibile la varietà nell’istromentale, in luogo di adottare in ogni composizione il medesimo sistema, quello cioè che si è praticato dall’invenzione del melodramma sino al presente. Tutte le Opere del secolo XVII sono accompagnate da violini, da viole e da bassi di viola. Verso il principio delXVIII s’introdussero i bassi, i flauti e gli oboe} in appresso accrebbero le risorse} ma le forme dell’istromentazione rimasero pur sempre subordinate ad un medesimo disegno fino a’ nostri giorni. Ora è ben raro l’udire un’aria, un duetto, una romanza clic.non sieno accompagnati da due parti di violini, da viole, da violoncelli, da contrabbassi, da flauti, da oboe, da clarinetti, da fagotti, da corni, ecc. Una sì fatta ostinazione nel voler riprodurre sempre i medesimi suoni, debbe essere pur causa di fastidiosa monotonia. Ma e perchè mai con mezzi più validi non si prende ad imitare la felice idea di Monteverde, il quale coll’aiuto della varia natura degli stromenti fra loro diversi seppe prestare ad ogni pezzo una particolare fisionomia? (t) Si udirebbero arie, duetti, romanze, e persino quartetti accompagnati da soli stromenti a corda, oppur anco da un’unica specie di questi come da violoncelli, o da violini, o da viole, o finalmente da due quartetti d’arco, uno de’ quali servisse a suoni sostenuti, l’altro a suoni pizzicati. Sarebbe parimente opportuno l’impiegare soli flauti, o clarinetti, od oboe uniti a corni inglesi, o a fagotti. Ma onde prevalersi vantaggiosamente di tali mezzi, sarebbe duopo il dar compimento ad alcuni sistemi di stromenti, come de’ flauti e de’ clarinetti. La classe degli stromenti da corda offre un sistema completo nei primi e secondi violini, nelle viole, nei violoncelli e nei contrabbassi. L’oboe, che si divide sempre in primo e secondo, ha per quinta il corno inglese, per basso il fagotto, e per contrabbasso il contrafagotto: finalmente gli islromenti di ottone possiedono pure un doppio sistema completo, quello delle trombe ordinarie, de’corni e dei tromboni (il suono de’ quali viene modificato dalle labbra), delle trombe a chiavi, ecc. Ma di simili vantaggi non godono il flauto ed il clarinetto. Iwan Mùller, cui è dovuto il perfezionamento di questo ultimo, ha pur inventato il clarinetto-viola, e ha dato opera alla costruzione di un clarinetto-violoncello. Non sono ancora comunemente noti i frutti delle sue ricerche, ma sarebbe vantaggioso ch’egli arrivasse a perfezionare i suoi disegni. A riguardo dei flauti, potrebbesi usare un mezzo valevole a supplire alle loro mancanze: sarebbe quello di avere nell’orchestra un piccolo organo munito dei registri varii ai flauti, sì a becco che traversi. Quella varietà di effetti istromentali che noi proponiamo, potrebbesi usar con vantaggio non solo nell’accompagnati) Vedi l’articolo antecedente nel N. 42 di questa

Gazzetta.

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