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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:230|3|0]]derato, e il violino teneva dietro al flauto a due battute di distanza; e già Miss Morrisson, scioltasi, dal largo, entrava nel presto, che vien dopo, quando i suoi complici, che si trovavano ancora indietro più di dieci battute, sembrarono accorgersi di un qualche lieve errore, e a un tratto si fermarono. Avreste veduto allora cadere il sudore a grosse goccie dalla fronte a Rappelwherer, il quale fissando su di me uno sguardo disperato, pareva che mi dicesse: «■ Il male è incurabile, mi sto zitto. «Si cercò la cagione di questa mancanza d’insieme; ciascuno difese il suo movimento, e dopo un intermedio dialogizzato in modo vivissimo e alquanto pungente, si passò al presto. Qui i concertanti alquanto confusi, presi dal punto d’onore, fecero in modo che il presto non camminò male; se non che, siccome ciascun aveva buona esperienza di sè, e tale da dovergli inspirar timore i movimenti troppo vivaci, ebbero cura di prender un tempo più comodo. Niuno si affrettava. Fate conto che l’andar loro somigliasse il passo tranquillo e penoso di que’cavalli fiamminghi, i quali posano leggermente i piedi sul suolo, per tema quasi di fargli male. Ogni nota o breve o lunga, o forte o dolce che si fosse, aveva il suo valore uguale; e quanto più era càrica la battuta di semicrome, tanto più durava; non se ne perdeva nulla; e ogni cosa entrava in calcolo: tanto che ella era veramente una esecuzione di spaventevole esattezza. Miss Morrisson faceva ribombare il pedale; il tintore tormentava la sua corda grossa; il violino smanicava giù, che vi so dire era un piacere. E non solamente questa esecuzione (parola conveniente che nulla più) c’intronava le lacere orecchie, ma ci abbarbagliava gli occhi per la quantità e l’incoerenza di que’ gesti contrari, opera di tante braccia, di tanti gomiti e di tanti e di tanti pugnetti agitati in sensi diversi. Quanti applausi coronarono questi sforzi! Tutte le signore, le quali quanto era durata la carnificina di questo delizioso pezzo, avevano fatto la battuta colle teste e co’ventagli, si posero a fargli i conienti: e via via che era una cosa da ridere, si parlò di tenerezza musica, contrappunto, genio, belle arti, finché Mistriss Morrisson ci annunziò che Miss Emilia, l’eroina del pezzo concertato si apprestava ad accompagnare la sorella minore pronta a spiegare le sue doti di esecuzione vocale. Si fa silenzio: io riconosco il ritornello della vecchia romanza: Ah! Nanci! vuoi tu seguirmi? (i) La damigella, immobile come un ceppo, colla mano destra appoggiata sul pianoforte, cogli occhi fermi al soffitto, con un aspetto severo e fosco, dà principio al suo pezzo, o piuttosto al suo gemito. No, in verun altro luogo che in Inghilterra si può dar nome di musica a un simile piagnisteo, ed accordargli l’onore di far parte di un concerto. Non era che un lungo e monotono lamento senza misura, senza ritmo, senza espressione,- ed io mi sentiva la voglia di piangere, pel solo effetto simpatico di que’ suoni che mi sembravano molli di lagrime, e che operavano in me come operano i suoni lontani delle campane, una sera malinconica d’autunno, sulle persone che hanno i nervi troppo (t) Oh! Nanyc! wllt tkou gang wilh me? dilicati e irritabili; ma tutto ad un tratto mi prese il riso nel sentire i guaiti simpatici di una povera bestiuoja, che avevano rinchiusa in un gabinetto, affinchè non disturbasse l’adunanza musicale. Questo dilettante inaspettato era il cagnolino di Mistriss Morrisson, al quale pareva che questa strana musica pungesse in singoiar modo le libbre. Le due sorelle, senza punto scomporsi a ciò, simili a due orologi di Brequet, i quali si comunicano vicendevolmente la vibrazione, si sostenevano benissimo; e per carità fraterna molto commendevole, alternando, gettavano a quando a quando un velo sugli sbagli l’una deifi altra. Gli applausi che le ricompensarono furono pieni d’entusiasmo; io già non dubito punto della loro sincerità. Dirò io qui come un giovine cugino di Mistriss Morrisson ci sfigurò un concerto di Viotti; quai suoni acuti e stridenti fecero uscire dal cantino le sue dita poste di continuo presso il ponticello? Dipingerò 10 gl’inutili sforzi di Miss Fanny e di un largo signore per venire a capo del celebre duetto di Mozart: Crudel perchè finora? Finalmente ripeterò io la scusa veramente nuova di Mistriss Morrisson, la quale avvedendosi della cattiva riuscita del duetto, tentava di giustificare sua figlia con dire (vedi ingenuità!) «Oh io non amo quelle romanze in i e in o: non ho mai permesso a mia figlia di cantare di pezzi italiani altro che questo: «C’est l’amour, l’amour, l’amour!» E di vero Mistriss Morrisson colla strana inflessione ch’ella dava a queste parole, ne faceva un’arietta di Rossini! Io cercai cogli occhi Rappelwlierer, il cui grottesco rammarico mi aveva divertito per tutta la seduta. Egli era scomparso. Mi restavano ancora a trangugiare tre pezzi ed un finale. Ma già mi avevano tempestato i nervi, e scorticate le orecchie che slava bene. Sicché presi partito d’imitare 11 maestro di cappella, e efi andarmene io pure a respirare un’aria purgata delle suonate, scevra dalle note false e libera dalle appoggiature. Nel punto che Emilia cominciava a cantare la vecchia ballata intitolata: Gianna la pazza, mi scansai maledicendo i carnefici dilettanti che m’avevano cosi crudelmente straziato. Io aveva già oltrepassato il quartiere di Mistriss Morrisson, e guadagnava la gran strada di Oxford, quando un tumulto di voci, di stronfienti e di grida confuse, frammezzo alle quali mi risuonavano all’orecchio non so quali accenti che non m’erano ignoti, mi fece sollecitare il passo. Erano le undici e mezzo, e questo romore notturno mi cagionava inquietudine. Ed ecco io scorgo Rappehvherer, che si dibatteva in mezzo alle guardie notturne che ne lo menavano di forza. Tre o quattro brutti musi d’uomini che erano armati d’arpe, mandolini e clarinetti incalzavano colle grida il malarrivato maestro, a Arrestatelo, arrestatelo! ch’ei passi la notte al violone! W Pervenni fino al povero Tedesco, e volli sapere donde gli era piovuto addosso questo altro malanno. Ed egli, 5> Ah mio buon signore, mi disse, cattiva musica è la mia persecuzione. Quel briccone là (indicandomi un suonatore di basso) suonava un buon mezzo tono troppo alto; questo abbominevole clarinetto soffiava mezzo tono troppo basso; quegli altri (I) Abbiamo ritenuto per Io scherzo questa parola, che pure in alcune provincie d’Italia è usata per indicare la prigione d’un corpo di guardia. là ( indicandomi due canterini ) guastavano la bell’aria tedesca: Stch’nur auf, stch’nur auf! 10 ho voluto fare qualche osservazione civile, essi hanno domandato questo consta-, bile, ed io debbo andar a passar la notte in prigione, se voi non mi liberate. - Si, riprendeva il constabile, egli è un forestiero che s è ubbriacato, e vuole impedire a questa brava gente di guadagnarsi il pane. Domattina io lo condurrò dal giudice di pace, e pagherà dieci scellini per apprendere a turbare un’altra volta il pubblico riposo. Mi venne fatto non senza pena di liberare il nostro Orfeo alemanno. Cammin facendo, ei si consolò con maledire l’Inghilterra, dichiarandola priva efi ogni gusto musicale, e fedele a quelle teorie delle quali non può verun Alemanno far senza, mi provò per sillogismo e per entimema, che un popolo che sia molto carnivoro clebbe avere l’orecchio falso, e che l’effetto inevitabile del roastbeef si è di rendere ottuso ogni senso musicale. {T.) BIBLIOGRAFIA. MUSICALE CEvafa su ©bvkkse ©pere Duetti per Pianoforte e Violoncello Questa volta entreremo in materia senza proporre alcuna osservazione contro le fantasie istromentali alla moda, troppo godendoci l’animo di poter dar principio a questa rivista di pezzi di ogni genere e sì difTerenti fra loro per merito con un’opera forte d’immaginosi concetti e lodevole per regolare condotta - Duo pour piano et violoncelle, ou cór, ou violon, par Henselt. - Questo coscienzioso pianista alemanno, che scelse a sua dimora Pietroburgo, la città che ora forse più generosamente di ogni altra in Europa rimerita i famosi artisti che vi si producono, fece già di pubblico diritto varie ottime opere per pianoforte fra cui gli Studii, da tutti conosciuti, occupano il primo posto. Dalle sue pubblicazioni si ravvisa che Henselt è uno spirito contemplativo e poetico che preferisce piuttosto commovere ed interessare un crocchio d’intelligenti amici, che sorprendere ed inebbriareil pubblico. Egli appartiene alla mistico-romantica scuola di Chopin. Scorrete il sullodato suo duetto (Op. 14) in si minore, ed ovunque troverete pensieri patetici, modulazioni penetranti ed una certa tinta di mistero, che se alla prima non varrà a scuotervi gran fatto e forse vi potrà anche sembrare propender alla monotonia, più udrete il pezzo meglio sarete attratti dalle recondite sue bellezze e finirete per ammirare il profondo magistero di fattura, la distinzione delle armonie e gli elegiaci concepimenti sviluppati fra il succedersi e I’ intrecciarsi di andamenti per la maggior parte a terzine. Il duetto di Henselt dal fecondo e facile Czernyèstato trascritto per pianoforte solo ed a quattro mani. Wolff, l’infaticabile e troppo produttivo pianista, e Batta il violoncellista dell’anima e della grazia, si unirono per comporre un brillante duetto per pianoforte e violoncello mettendo a contribuzione le belle melodie della Lucrezia Borgia -, dal quale caratteristico spartito tolsero la magnifica stretta del prologo che assoggettarono a due affettuose variazioni; poscia dal violoncello si modula la romanza espressamente da Donizetti scritta per Mario del Teatro Italiano di Parigi, e da Batta prima d’ora trascritta pel proprio istromento: interviene inseguito il brindisi e l’opera termina col vivace valtz dell’introduzione. Questo duetto piacque assai in varie accademie eseguito da’loro autori, i quali hanno pure messo insieme due altri pezzi per gii stessi istrornenti sopra la Favorita di Donizetti e la Regina di Cipro di Halevy, che tosto vedranno la luce nella Calcografia Ricordi. 11 nome di Hunten si rende sempre più popolare presso i giovanetti che hanno appena superate le prime nozioni, meglio di quasi tutti i compositori-pianisti sapendo fare, come si dice, dell’arfe facile ciò che ha pure le sue grandi difficoltà. La pubblicazione di qualche nuovo lavoro di questo autore è una fortuna per gli editori e per gli infiniti amatori de’ piccoli capricci e delle variazioncelle, i primi ne smerciano buon numero di copie, gli altri dilettansi senza troppo affaticare. Anche il Divertimento per pianoforte e violoncello 0 flauto è da porsi fra i pezzi i più facili che sianvi per quest’istromenti: i motivi del Roberto Devreux vi sono presentati in modo spontaneo e non privo di eleganza. IL’9 es&Ba$© vÈ©I©aaeeIS© ©©sa ©©«©aaapsìgpiaaaaeaat© di gsi&sa©» Alfredo Piatti suonatore di violoncello in giovane età già rinomato, affidò all’editore Lucca il suo Canto, nel quale mostrò di aver fatto non volgari progressi nella

composizione. Questo andante melanconico in sol mi

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