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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 10 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
SUONATA QUASI FANTASIA
In Do diesis minore, di Beethowen (1).
Unito a questo numero della nostra Gazzetta presentiamo a nostri cortesi associati, come abbiamo annunciato, un pezzo per pianoforte solo. E una suonata o fantasia di Beethoven. Il nome del sommo Alemanno basta all’illustrazione del pezzo. E d’altronde, quand’anche il volessimo, ci sarebbe egli possibile l’additarne, enumerarne tutte le singole bellezze, se ogni concetto, ogni frase è gemma inestimabile? L’autore istesso la intitolò del nome di Fantasia, e tanta di vera fantasia, ne racchiude questo pezzo che con più conveniente appellazione non potrebbe nomarsi. Cosi questo vocabolo titolare non fosse tanto invilito al giorno d’oggi, che le composizioni le più abbiette non si ha vergogna di fregiarle del presuntuoso nome di fantasie! Inutile dunque sarebbe il fermarsi a lodare la malinconica e quasi misteriosa grandezza dell'adagio, la soavità e l’affettuosa semplicità del minuetto e la tempestosa passione, e quel succedersi e incalzarsi di crescendi nell’ultimo tempo che risvegliano nello spirito di chi ascolta un misto di idee nuove e di potenti emozioni. Reputiamo vana ogni analisi minuta, persuasi che chi ha cuore non può non penetrarsi del forte sentire dell'autore, e a chi non ne ha apparirebbe inutile e ridicola ed esagerata ogni nostra lode. Ne piace chiudere questo cenno col notare che anche un nostro grande compositore italiano sentì certamente al pari di noi le bellezze di questo componimento. Egli è Bellini, il quale non credette umiliare sè stesso commettendo per lo appunto un non lieve plagio. Il noto coro in fa della sua Opera Bianca e Fernando, riportato poi nel secondo atto della Norma, non è esso, pel tratto di molte misure, copiato a puntino dal primo tempo di questa Fantasia? Avremmo amato potere, unitamente a questo pezzo, offrire a’ nostri lettori alcune notizie biografiche sulla vita e le opere del sommo compositore, come abbiamo fatto nel numero scorso col cenno su Cristoforo Glück, ma la quantità delle materie ce lo divieta per ora. Non mancheremo in seguito di svincolarci anche di questa come di tutte le altre promesse che abbiam date ai nostri benevoli associati.
A. M.
(1) Vedi il pezzo unito a questa Gazzetta.
COMPOSITORI ITALIANI
CONTEMPORANEI
Segue la seconda lettera del signor
Fetis (a).
(Nel dare il seguito della terza lettera
del sig. Fétis sullo stato delle arti musicali
in Italia, e nell'avvertire ch’essa riguarda
specialmente i nostri compositori
viventi più conosciuti aggiugniamo che con
alcune poche note un nostro collaboratore
ha procurato di supplire alla imperfezione
dei rapidi e poco diligenti cenni dell’E. Prof,
di Bruxelles. Però ci riserbiamo di tener
discorso molto più di proposito intorno ai
diversi artisti, nominati ora. poco meno che
di sfuggita, allorachè nel continuare gli articoli
della storia del melodramma, avremmo
ad occuparci parzialmente delle varie
vicende del teatro lirico italiano nell’epoca
contemporanea e a dimostrare fin dove
sieno vere le accuse di povertà che ci vengono
date dagli stranieri, e a rendere la
dovuta giustizia al genio musicale della
nostra nazione).
Pochi grandi compositori drammatici ebbero
i natali nell’alta Italia dopo la fine del
xvn secolo; la Lombardia, il Veneto e fin
la Toscana non poterono vantare brillanti
produzioni melodrammatiche se non se dal
1590 fino verso al 1700(1). Venezia si distinse
specialmente per le Opere di Monteverde,
di Cavalli, di Rovita, di Cesti, di Sartorio,
di Ziani, di Legrenzi, di Pallavicino,
di Bassani, di Pollarolo, di Caldara, di Gasparini
e di Lotti. Nel XVIII secolo non si
annovera altr’uomo di ingegno superiore
in questo genere tranne Galuppi (2). In questo
medesimo secolo Firenze potè vantare
Cherubini, il più profondo e svariato nello
stile tra tutti i musicanti dell’epoca nostra,
e Parma fu patria di Paer, destinato a mio
giudizio ad occupare nell’arte un posto più
luminoso di quello che gli fa dato e che
probabilmente sariasi meritato se più seria
fosse stata la sua esistenza. Milano non potè
menar vanto fino al presente di verun com-
(a) Vedi i numeri 2, 4 e 6 di questa Gazzetta Musicale.
(1) Questa proposizione è erronea ed apertamente contraddicente
colle citazioni dell’istesso Mons. Fétis. Anche
ne’ secoli XVIII e XIX l’alta Italia può vantare brillanti
Opere teatrali applaudite dovunque; e molte ne hanno
composte gli stessi autori di cui Mons. Fétis parla nelle sue
lettere, fra i quali al presente emerge Donizetti, illustrazione
ora mai europea.
(2) Oltre il celebre Galuppi, soprannominato il Buranello,
nel secolo XVIII lo stato Veneto ha prodotto Ferdinando
Bertoni, Cazzaniga, Nasolini, Salieri ecc.
positore illustrato dalla scena (1), e il suo Conservatorio
non corrispose alle speranze che
aveva fatte concepire sotto questo speciale
aspetto (2). Per questa città non è dunque da
aversi in conto il tempo passato; le rimane
l’avvenire. Fra i giovani compositori usciti
nei passati anni dal suo Conservatorio è
distinto il Mazzucato, il quale dopo un
viaggio a Parigi, fece ritorno alla sua patria
ove al presente è professore di canto
per le fanciulle nell’I. R. Conservatorio.
Già da due anni questo giovine artista fece le
prime sue prove sul teatro Carcano, indi alla
Scala, l’Esmeralda, nei Corsarj ed altre
Opere (3). Dei motivi non sufficientemente
sviluppati, ma pur tessuti di idee abbastanza
felici; delle formole del giorno, una stromentazione
clamorosa e uno scrivere negletto;
ecco quanto osservasi nelle prime produzioni
di un ingegno non ancora maturo,
e che difficilmente si addurrà al suo pieno
sviluppo, se il signor Mazzucato non esce
dal recinto di Milano. Egli ha bisogno di
vedere, di studiare, di perdere certe abitudini
di forme e di sistemi che al presente
sono il maggior ostacolo che si opponga
allo sviluppamento dell'indivualismo
de’ giovani compositori.
I signori Speranza di Parma, e Mabellini
di Pistoja sono anch’essi de’ giovani
scrittori melodrammatici nativi dell’alta Italia,
i quali fecero le prime lor prove negli
or passati anni, ma del cui ingegno mal
si saprebbe proferire un imparziale giudizio.
Il primo che compì i suoi studii a Parma
si fece chiaro coi Due Figaro, Opera composta
pel Teatro di Torino e con buon
esito rappresentata l’autunno dell’anno
1839. L'Aretino scritto pel teatro Carignano
nella città stessa ebbe meno prospera
fortuna, e d’allora in poi molte cadute
a Lucca e a Firenze hanno compromessa
la carriera del signor Speranza (4). Il
signor Mabellini fece i suoi primi studii
(1) Questa dura taccia apposta alla nostra città è purtroppo abbastanza fondata. Milano manca assolutamente
di compositori drammatici resisi celebri anche presso le
straniere nazioni. Nella nostra deficienza sotto un tale
riguardo giovi in parte il nominare Vignati, Lampugnani,
Monza, Bigatti, Brambilla, Marliani; si noti però che le
Opere di quest’ultimo, in ispecie il Bravo, l’Ildegonda
e la Xacarilla di recente sono state applaudite in varj
teatri di Francia, di Germania e d’Italia.
(2) Fra gli allievi del nostro Conservatorio si distinse
Soliva l’autore della Testa di bronzo, quindi Schira,
Pugni, ecc.
(3) L’udinese Mazzucato non intraprese i suoi studj
nel Conservatorio milanese, ed egli fino dal 1834 diede
a Padova la Fidanzata di Lammermoor, a cui tenne
dietro il Don Chisciotte al teatro della Canobbiana,
l’Esmeralda a Mantova, i Corsari alla Scala ed i due
Sorgenti al Re.
(4) Il maestro Speranza dopo l'Aretino non ha fatto altra caduta che nello scorso carnevale a Lucca col Postiglione
di Lanjoumeau.