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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 11 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
CRITICA MUSICALE
Cenni critici
sullo STABAT MATER di Rossini.
(Dovendo recar giudizio in questui Gazzetta di una tra le più notevoli produzioni musicali dell epoca nostra, ci è caro poter offerire ai nostri lettori le seguenti Osservazioni dettate da un dotto cultore dell’arte, e tanto più volentieri il facciamo, in (pianto che in esse ne pare molto saviamente temperata la critica colle espressioni di alta ammirazione che ogni imparziale non può non tributare alla più ricca fantasia musicale italiana. Che se a taluno paresse qui e qua troppo severa la censura, rifletta che la libertà delle opinioni è un diritto di ogni scrittore cui non garba farsi schiavo delle idee altrui, e che la cieca venerazione non è mai il più puro omaggio che rendere si possa agli ingegni superiori. Ammetteremo nella nostra Gazzetta ogni qualunque obbiezione possa venir fatta a questi Cenni critici, quando però sia lo scritto dettato nei modi convenienti ad una critica meramente artistica.
Un nuovo componimento di Rossini desta in questi giorni l’ammirazione dell’Europa musicale. Quel genio che profuse tesori di melodie in tanti capolavori che sempre brilleranno di una eterna giovinezza, quell’Alessandro dell’arte il cui nome tocca i confini del mondo, e che pareva perduto alle più care nostre speranze, ora rivive. Ma, e in qual regione ei va a collocarsi? Da quale atmosfera e’ sparge quel soffio di vita che, come un prodigio di risurrezione, dee nuovamente suscitare nei nostri petti la favilla dell’entusiasmo? Egli s’addentra nelle sacre tende, e là, nelle carte della Chiesa sublimando il pensiero, crea un nuovo monumento alla grandezza dell’arte. - Lo Stabat di Rossini, non ha dubbio, segna in alcune parti un progresso. Della musica di Chiesa, pochi dei nostri contemporanei seppero farsi giusta idea. Parlando degli scrittori in questo genere, pare a’ più, che gl’inni sacri, anzi che contenere una vergine e bella poesia, altro non sieno che parole insignificanti, quasi a caso commesse insieme; tanta n’è la freddezza, o scurrile il modo della espressione per essi usata. Le grandi opere in questo genere a sole voci dei Palestrina, Durante, Scarlatti, Perti, Martini, Marcello, Lotti ec., e quelle a voci con accompagnamento d’istrumenti dei Pergolese, Iomella, Feo, Porpora, Leo, Buranello ed altri, sembrano abbandonate all’obblio. Tra’ viventi, il celebre Cherubini, Simone Majer, e pochi altri, sono quelli che tengono ancora accesa una pura fiamma innanzi all’altare, e mantengono nelle opere loro quella elevatezza di stile, eli’ è dovuta nella significazione di grandi concepimenti. Al genio è dato creare: Rossini, il taumaturgo della scena lirico-musicale. - 10 uomo per eccellenza in fatto di gusto, doveva offrire alcun che di nuovo, qualora avesse colorito delle possenti sue tinte alcuna delle sacre Salmodie. - E in vero, nello Stabat di cui parliamo, diviso in 10 pezzi, si trovano delle parti d’inestimabile valore, si per la espressione drammatica, che per la mirabile condotta del pensiero; per la scelta di toccanti melodie congiunte a novità di armonie, non meno che per bei gruppi di parti vocali, per transizioni peregrine, e per un ottimo impiego presso che sempre della parte istrumentale. Per nostro avviso tutti questi pregi trovansi riuniti nel 1.° pezzo preceduto da una magnifica introduzione, colla quale l’autore del Guglielmo Tell prepara gli animi dell’uditorio a quella dolorosa impressione che il gran racconto deve cagionare. Della esecuzione di questo componimento, effettuata di recente e con grandi proporzioni in Parigi. hanno reso conto i giornali di quella capitale, e particolarmente ne discorse il signor Delécluze nell'Appendice del giornale dei Débats, 9 gennaio, a. c. Noi, imprendendo l’analisi dell’opera, dichiariamo che le osservazioni critiche, che rispettosamente esporremo, sono non altro che figlie delle nostre convinzioni, nè devono punto essere riguardate siccome atto di eccessivo rigore e scortesia. Oh! noi ben fortunati, se la nostra critica potesse avere un valore uguale al soggetto che ne è il tema! Quanto al 1.° pezzo, più lo si viene osservando e più lo si ammira. Quel motivo che cominciano i bassi e al quale viene risposto dalle altre parti, cui a grado a grado si associano gli istrumenti, è di un magico effetto, come lo è del pari il coro, che giova mirabilmente ad afforzare a tempo e luogo le quattro parti di concerto. - Questo è un vero giojello. La 2.a Strofa Cujus animam gementem, venne scritta per tenore, a voce sola. Questo 2." pezzo è di un effetto delizioso, ma, sia permesso il dirlo, non ne pare che la forma del canto, nè la qualità del tempo, adatto piuttosto al marziale che al patetico, nè il movimento della parte istrumentale, addicansi alla espressione di un’anima gemente, contristata, profondamente afflitta, e punta da pugnale, come dice il testo. Questa cavatina, ricca di tutti i vezzi teatrali, non ne pare sita a suo luogo. Questo 2.° pezzo ne sembra contenere un’altra anomalia; quella di ripetere il motivo delle parole Cujus animam ec., allora che dopo la terza strofa benissimo espressa in fa minore, viene alla quarta, cioè alle parole - Qiue meerebat et dolebat - coll’aggiunta per altro d’ingegnosa transizione, colla «piale l’illustre autore si conduce alla cadenza finale. Il 3." pezzo, è un duetto a due soprani, sulle parole est homo qui non fleret ec. Un breve ritornello formato di mirabili accordi armonici precede il canto. Questo duetto è di bellissima fattura, sì riguardo alla parte vocale, che alla strumentale, la quale accompagna il canto da principio alla fine con un movimento cui nessun altro poteva meglio convenire. Il canto è di molto effetto, e vi si ammira la spontaneità nella condotta e nelle combinazioni di armonie. Ne pare per altro che abbiavi difetto nella interpunzione. II punto interrogante, alla fine di questa strofa, e della seguente - Quis non posset contrastari - non lo si vede sempre osservato. Il dire, che, dovendo fare cadenza, il nostro autore era costretto per chiudere il periodo musicale ad operare la conversione del punto interrogativo in positivo, incontra la risposta che non gli era obbligatorio scrivere un duetto su queste parole, che meglio si sarebbero attemprate a un recitativo. Qualche leggiera menda ne sembra anche riscontrare alla seconda battuta del N. 5. Duetto pag. 3. (ediz. Ricordi) sulle parole Christi rnatrem si videret, ove sull accordo di si, ossia della dominante di mi, accompagnata stabilmente con h 7, 5, e 3, fa passare arditamente gli accordi che formano i cantanti di 3 e 8, 4 e 6,2 e h 7, 3 e 5, 8 e 6, 2 e jj 4, b 7 e 3, 8 e 3. Trattasi di un genere ch’esige rigore. - Rossini non vuole riformarlo colla licenza, ma illustrarlo col suo sapere e col suo genio. Gli è perciò che rispettosamente progrediamo nelle nostre osservazioni. Pezzo 4.° Pro peccatis suie gentis. Aria per voce di basso, a solo - Il principio n’è O1 di squisito lavoro: il genio e l’arte s’intrecciano nella espressione delle parole. Tra le bellezze che vi si ammirano, accenneremo
al passaggio eh ei fa sul vidit Jesum in tor-