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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gazzetta Musicale di Milano, 1842.djvu{{padleft:68|3|0]]in generale possa caratterizzarsi piuttosto come un bel pezzo di mezzo carattere anziché come una composizione religiosa (0. Segue a questo quartetto una cavatina del secondo soprano, sulle parole: Fac ut portem divisti mortem, ecc. E bella, ma rammenta troppo nella sua forma il primo tempo della cavatina del contralto nella Semiramide o quella della Donna del lago. La grand’aria con cori del primo soprano sulle parole ulnflammatus etaccensus, ecc.» è di una bella declamazione e per la sua nobile grandiosità non disdice al certo alla Chiesa. INon corrisponde però gran fatto al sentimento delle parole, poiché invece dell’umile preghiera diretta ad impetrare una grazia, sembra piuttosto il risoluto chieder cosa che ci sia dovuta e che ci venga capricciosamente negata. A quest’aria succede un quartetto senza accompagnamento in istile severo, che è uno dei non molti pezzi di questa composizione che non manca di religiosa espressione. Semplice ma bella ne è la condotta, nobile l’armonia. Taluno lia creduto tacciare come triviale alquanto la melodia adattata alle parole paradisi gloria, soggiungendo di più che ha pure il difetto di allontanarsi dallo stile che l’autore si è imposto in tutto il versetto, ciò che produce una mancanza di unità dispiacente... Checché sia di ciò, è però indubitato che nell’insieme questo pezzo è degno di molto elogio. Ij’arnen. a cui Rossini per comodo della musica ha aggiunto le parole in sempiterna sœcula che non sono nell’Inno, dà soggetto al coro finale che dopo poche battute d’introduzione si sviluppa in una Fuga a due soggetti, dopo la quale son riprodotte alcune frasi del primo tempo, che vanno a terminare in una cadenza semplice e larga, ma di bello elFetlo. Quantunque questa Fuga abbia il pregio che distingue tutta la musica di Rossini e che è la caratteristica esclusiva dei lavori del genio, quello cioè di produrre effetto e piacere anche nelle cose che analizzate si riscontrano fatte men che bene nei loro minuti particolari, pure non può negarsi che non si presenti un poco troppo comune nel soggetto, trita e intralciata nella disposizione delle parti e scarsa di artifizio contrappuntistico. Infatti, dopo esaurite debitamente le proposte e necessarie risposte, è quasi tutta condotta sopra un divertimento che l’autore passeggia e trasporta in quanti tuoni e modi gli cadon sotto la penna. Concludendo dal fin qui detto si può asserire, che se talora nell’insieme di questa composizione non manca la esterna forma religiosa, vi manca però quasi sempre intrinsecamente lo spirito di religione: e cosa è mai la material forma nelle arti di imitazione senza l’intimo sentimento?Come musica da camera e talora da teatro è bellissima, ma come musica sacra ne è tanto sbagliato il carattere, che nell’insieme non può essere neppur qualificata per tale. Mi pare in sostanza non manchino di verità le parole, quantunque alquanto severe, che scriveva già da qualche tempo un giornalista... «Maintenant, le Stabat de Rossini est-il une oeuvred’une vaste portée? Est-ce, en quelque sorte, une rénovation, une transformation du génie du compositeur, comme certains sectaires passionnés le prétendaient avant même l’exécution de l’ouvrage? D’un seul coup d’aile, Rossini va-t-il se placer au niveau de Palestrina et de Pergolèse? Va-t-il atteindre au sublime religieux comme dans Guillaume Tell il a atteint au sublime dramatique? Nous ne le pensons pas. Nous osons atlirmer que, dans tout ce que nous avons entendu, il n’y a pas même un indice du style grave et sévère qui convient à l’expression religieuse (e qui il giudizio parmi invero troppo severo e assoluto ). Le Stabat est une œuvre remarquable à plusieurs égards; mais levez la rampe, allumez le lustre, revêtez vos chanteurs des premiers costumes qui vous tomberont sous la main, substituez d’autres paroles, et le public ne s’apercevra pas de la méprise. Au théâtre, on acceptera l’œuvre; dans le temple, on la repoussera, on sentira qu’elle n’est pas à sa place, car autre est la douleur divine, autre la douleur humaine». Ora che dirassi di me, oscurissimo critico, che osai giudicare con tanta severità l’applaudito lavoro dell’illustre Rossini? Dicasi ciò che vorrassi, poco mi cale: chè, pronto volentieri a ricredermi quando mi si dimostri essermi io ingannalo, non ho creduto di dover restare in silenzio come se si fosse trattato dell’opera di qualche oscuro sconosciuto scrittore. Gli errori dei grandi debbono arditamente! svelarsi, perchè sono essi splendorHfallàci che soglion condurre a naufragio gl’inesperti giovani artisti i quali più facilmente si lasciano abbagliare da quelli, che non dai veri pregi delle opere che pigliano a modello. Molto meno poi ciò dovea farsi in Italia oggi, che di tanto vi è scaduta dal prisco splendore la musica sacra. - Mentre in troppo piccolo numero i buoni tentano con generosi sforzi ricondurre i traviati compositori di musica ecclesiastica, sul retto cammino pretermesso da loro, che ne avverrebbe se si lasciassero tranquillamente armarsi, a scusa dei loro traviamenti, clell’esempio imponente di un grande come Rossini? L. F. Casamorata. NOTIZIE VARIE. (i) Relativamente alla diversa opinione esternata per rapporto a questo quartetto dal signor Peroni, non posso clie ripetere ciò he ho detto alla seconda nota. Milano. — Nel Giuramento di Merendante dato al Carcano si distingue la signora Mattey, attrice cantante di merito non volgare. Ella a nostro giudizio si è lodevolmente investita dello spirito di una parte che, sia nel concetto drammatico, sia nello sviluppo musicale, offre una molto bene intesa progressione di tinte. - La signora Mattey sa essere appassionata nei momenti opportuni senza però trasandare le scene nelle quali la partitura non le offre di espandersi con islanci di voce e con violenti declamazioni melodiche. Ella, vogliam dire, si fa carico di tutta la sua parte, non di sole alcune sortite isolate, e ciò è merito non comune al di d’oggi in cui artisti di primo nome pare vogliano introdurre il comodo uso di non curarsi che dei pezzi nei quali hanno parte di impegno, e in tutto il resto dell’Opera si contengono con una indifferenza e sbadataggine riprovevolissima. Alla Scala la Bella Celeste del Coppola ebbe cattiva riuscita; e ciò doveva e poteva prevedersi per più ragioni che crediamo necessario tacere. - Una singolare fatalità persegue tutte le Opere che si vogliono riprodurre sulle nostre maggiori scene! E sì, non dovrebbe essere gran fatto difficile il procacciare una scelta meno sfortunata, ove si noti che FI. R. nostro Teatro va o dovrebbe andar primo a tutti nella ricchezza dei mezzi sia materiali, sia artistici I con cui assicurare il buon esito degli spet- g tacoli musicali che si riproducono. Da che 1 derivi che accada quasi sempre il contrario fi noi dobbiamo lasciarlo immaginare al let-, tore. - Ci dicono che stiasi preparando La testa di bronzo di Mercadante. Bramiamo che l’esito di questa seconda riproduzione ci dia una mentita. Nel Ballo la Gabriella di Fergy^ altra infelice riproduzione come sopra, vi ha della musica molto pregevole per opportuna applicazione. Ai tristi di che corrono per la coreografia italiana, è questo un caso da non tacersi. Malgrado però un sì valido sussidio, l’azione inimico-spasmodica che tanti anni fa procacciò molta gloria ad una esimia artista, questa volta trovò il pubblico mal disposto e ribelle a concedere le sue emozioni alle atroci sventure della povera moglie di Fayel. Parigi. — E probabilmente già noto ai nostri lettori che la Saffo di Pacini data sulle scene del Teatro italiano a Parigi, vi ebbe esito lutt’altro che felice. Creclia Lasciamo al lettor ciò che vi ha di gm essere di esageralo u ino opportuno riportare le parole colle quali il Monde musicale manifesta in breve la sua opinione sul merito dello spartito si mal capitato sulle sponde délia Senna. «La partition de Saffo contient quelques morceaux qui méritent d’être remarqués quoique ils ne présentent rien de bien extraordinaire sous le double rapport de la conception, et de l’originalité. 11 est généralment reconnu, et cela deja depuis longtemps que la troupe du Théâtre Italien (N. B.) a été, est, et sera toujours composée d’artistes de talent tout-à-faitliors ligne. Nous voudrions bien que cela fut vrai aujourd’hui, mais malheureusement il n’en est pas ainsi. Saffo a obtenu du succès sur presque toutes les principales scènes de l’Italie, et il faut bien reconnaître que le public italien est encore plus difficile que le public dilettante et doré de la salle Ventadour. Seulement, en Italie-, on s’attache presqu’autant au chanteur qu’à l’ouvrage nouveau, et très-souvent une belle exécution fait passer une faible ou une médiocre partition. — A Paris, si l’ouvrage ne contient pas des véritables beautés, il devra tomber à plat; car se ne sont certes pas Tamburini, Mario, Magliano et la somnolente M.me Albertazzi qui pourront par leur talent faire oublier ce que la partition qu’ils interprètent aura de défectueux, de commun et de trivial. On veut que Tamburini soit un chanteur parfait et exquis sous tous les rapports, et c’est là ce que nous ne pouvons pas reconnaître, car nous ne serons jamais des admirateurs quand même de personne; certes nous applaudissons la méthode parfaite de Tamburini toute surannée qu’elle soit aujourd’hui; mais nous disons que dans les Opéras nouveaux il fait tort à touts les rôles dont il se charge; que sa voix a perdu de son étendue, et qu’il est obligé de guillotiner toutes les notes qui passent le mi-bémol. Si Morelli avait chanté le rôle d’Alcandro il eût obtenu un véritable succès; et l’ouvrage y-aurait incontestablement gagné. Quant a Mario, sa voix pure, claire mais niaise, sans aucune expression et antipatique à toutes les rôles qui demandent de la force, il devrait se borner à quelques rôles qui lui vont à merveille, comme © celui de YElisir cïamore. Mademoiselle rfv Grisi seule mérité des eloges pour quel- yri ques frases dites avec beaucoup d’âme, de jPë
sentiment et de passion».