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GAZZETTA MUSICALE | ||
N. 2 |
DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
DISCUSSIONI MUSICALI.
Opinioni del sig. Fétis intorno agli artisti musicali italiani. — Bellini giudicato dai Milanesi. — Insussistente paragone tra Bellini e Rossini. — Idea dello stile di Bellini e quale avvenire si prepara alla musica belliniana, ec.
Il chiarissimo signor Fétis, attualmente direttore del Conservatorio reale di Brusselles, e tempo fa redattore in capo e fondatore della Revue et Gazette Musicale di Parigi, ebbe troppo spesso a parlare con pochissima soddisfazione dell’attual condizione della musica nella nostra Italia. Diremo anzi di più: ogni qualvolta l’occasione lo recò a manifestare l'opinion sua riguardante i migliori compositori italiani viventi, e a pigliar ad esame le loro produzioni principali, sempre si spiegò in termini di biasimo tutt’altro che ambigui. Noi non affermeremo certamente che i suoi sfavorevoli giudizii siano al tutto mancanti di buone e ben ponderate ragioni. Noi pure siamo insiem con lui persuasi che ed egli e molti altri distinti stranieri, teoristi e pratici rinomati, non parlano affatto alla ventura allorachè lamentano l’attuale decadimento dell’arte musicale italiana; ma se su questo proposito ci siam già preparati a dir francamente delle verità non molto cortesi, nella mira che abbiano ad esser seme di buoni e desiderevoli frutti, non vorremo però lasciar di opporre le nostre contrarie osservazioni ogniqualvolta ne parrà che le sentenze di condanna che si scaglieranno a disdoro dell’Italia musicale d'oggidì non siano conformi al vero od anzi sappiano alcun po’ di sistematica preoccupazione o di nazionale gelosia. E questo, o ci sbagliamo, o ne pare in qualche parte il caso del sig. Fétis, al quale diremo, non senza il rispetto dovuto agli alti suoi titoli. - Allorachè una persona tanto altamente benemerita della scienza qual siete voi, e versatissima nelle più eminenti sue disquisizioni filosofiche e tecniche, assume l’ufficio di proclamare al cospetto dell’Europa la propria opinione intorno alla sapienza o all’ignoranza delle nazioni in fatto di musica, deve, per addimostrarsi giusto, farsi carico di tutte le ragioni pro e contro riguardanti il suo tema, e non limitarsi a contemplare il quadro dal solo suo lato scuro per essere poi autorizzato a gridare con tuono di raccapriccio che quel quadro è tutto negro e tenebroso! E in quanto allo stato della musica nella Italia attuale aggiugneremo: perché vi siete voi data tante volte la briga di deplorare i guai molti che porgono cagione di giusto malcontento agli spiriti imparziali, e non vi siete poi fatto nessun carico delle osservazioni in senso contrario che ben avreste saputo metter innanzi quando vi foste proposto un diverso assunto? O ci spieghiamo meglio: perché, ogniqualvolta aveste a far parola di taluni dei principali nostri maestri viventi, foste tanto sollecito di far chiara con pochissime eccezioni la vostra irreverenza sul conto loro, pigliando a considerarli troppo strettamente sotto il solo aspetto di quella dottrina scientifica e di quella tecnica superiorità che è senza dubbio fondamento precipuo dell'arte, ma non vuolsi mai confondere coll’arte stessa, e non vi deste poi il menomo pensiero di esaminare se dal lato dell'abbondanza delle idee, del sentimento, del gusto, della prontezza di ispirazione essi meritavano dal più al meno quel po’ di considerazione che senza tanti complimenti negaste loro con troppo rigida severità?
Acconsentiamo con voi quanto volete che, onde un compositore si meriti i titoli di sommo, debba accoppiare alle doti di mente e di cuore or accennate quella assoluta profondità scientifica senza la quale il genio non può farsi valere nella sua pienezza, o imperfettamente e stentatamente si manifesta, ma non possiamo indurci a credere con voi che ci sia da disistimarsi al tutto, se a cagione degli imperfetti suoi studii o del non compiuto sviluppo delle sue facoltà, dalle sue composizioni non traspare il vasto e consumato sapere che anche i più grandi maestri solo presso al finire della loro carriera palesarono nella maggiore pienezza.
Fummo indotti a rivolgere al sig. Fétis queste poche parole dall’avere scorsa una sua prima lettera inserita nel n.° 68 della Gazette Musicale quale esordio ad altre nelle quali il dottissimo professore di Brusselles pare si proponga farci affliggere altamente colla esposizione di tutte quelle ch’ei chiama attuali miserie musicali della patria di Rossini e di Bellini. E appunto sul conto di Bellini, egli, a parer nostro, si lascia trascorrere a sentenze ed opinioni delle quali vogliamo far giudici i nostri lettori spassionati. — Parlando il sig. Fétis del primo dei due or nominati maestri, ed accennando al discapito ch’ebbero a soffrire in Francia gli interessi economici di lui per le violenti mutazioni politiche colà operate dalla Rivoluzione del Luglio, viene ad informarci come, a cagione del disgusto patitone, e per essersi accorto che gli venia scemando in parte il pubblico favore ond’era stato l’idolo fino allora, ei si risolvesse a lasciar Parigi e a ridursi in Italia.
"Egli partì nel febbrajo del 1837 (è il sig. Fétis che parla) e si fermò lungo tempo a Milano. Qui gli era serbata una peripezia non meno singolare di quella per la quale erasi allontanato da Parigi. Bellini era diventato il compositore favorito degli Italiani. Questo giovine maestro, i cui successi eran stati contestati alle prime rappresentazioni di quasi tutte le sue Opere, le avea poscia vedute eccitar l’entusiasmo de'suoi compatriotti. I meno fanatici de’ suoi ammiratori (e si noti bene questa frase) lo avevano considerato come il successore possibile di Rossini; ma ben presto le cose non istettero limitate a questi termini, perocché ed opuscoli ed articoli di giornale si pubblicarono per pigliare in esame questa quistione: chi fosse nomo dotato di maggior genio, se l’autore dell'Otello e della Semiramide, ovvero quello del Pirata o della Norma. Nel momento in cui Rossini arrivò a Milano questa grottesca polemica era terminata col trionfo del suo debole rivale. Era perfettamente consentito che la superiorità di Bellini non poteva essere contestata, e che questo giovine, il quale non ebbe che poche idee e le cui ispirazioni furono sempre monche (ècourtées), che scriveva male e che non ebbe mai se non se debole l’istinto dell'armonia e della stromentazione, veniva senza complimenti messo al di sopra di colui la cui ricca immaginazione ha saputo trasformarsi in tante guise, nel Tancredi, nel Barbiere, nell’Otello, nella Semiramide, nel Mosè, nel Guglielmo Tell. D’allora in poi le cose mutarono d’aspetto. Bellini ormai non è per noi che un nome storico o tra breve sarà dimenticato, perocché il Pirata, la Straniera, i Capuleti e la Norma disparvero affatto dai teatri. Vergognosi del loro abbaglio, pare vogliano al presente gli Italiani cancellarne la rimembranza colla considerazione e dirò anzi col rispetto di che circondano Rossini."
Ogni lettore dotato d’un grano d’imparzialità rileva di primo tratto le molte repliche agevoli a farsi a quanto è detto nelle poche righe del sig. Fétis or citate. Quanto a noi verremo notando quel che segue.
Non è punto vero che i meno fanatici tra gli ammiratori di Bellini lo considerassero come il possibile successore di Ros-