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eragli altrettanto famigliare che i brillanti effetti di |
teatro.
Indipendentemente dalla composizione religiosa propriamente
delta ne esiste un’altra, la quale partecipa
ad una volta della musica religiosa e della drammatica; noi vogliamo parlare dell’Oratorio. Handel nel
Messia e nel Giuda Maccabeo; Haydn nella Creazione
c nelle Stagioni; Beethoven nel Cristo al Monte
degli Olivi, hanno lasciato sotto tale rapporto dei
perfetti modelli.
La passione, la vita, la fantasia, il colorito, lo splendore
delle immagini, tali sono i caratteri che deggiono
avere le composizioni drammatiche. Questo genere è
senza contraddizione il più difficile. Seguire il dramma
in tutte le sue fasi, dipingere tutte le situazioni,
identificarsi ad ogni personaggio, animare le masse dei |
cori e farle partecipare all’azione; sposare gli slromenli
alle voci di maniera che l’interesse si mantenga
vivo costantemente, tale è la missione del compositore
drammatico. Per raggiugnerla con successo fa
d’uopo esser dotati di una grande possanza intellettuale.
La Germania e l’Italia hanno rivaleggiato di splendore,
di fantasia e d’originalità nella musica drammatica; la Francia può aneli’ essa pretendere alla sua
parte di gloria, e, sotto tale rapporto, la scuola francese
dei nostri giorni, pili) citare con orgoglio il Guglielmo
Teli di Rossini, la Vestale di Spuntini, Iloberlo
il Diavolo di Meyerbeer, la
d’Auber.
Mula di Portici
Ora parliamo delle composizioni di concerto e di
sala. Si comprendono in questa categoria le suonate,
i pezzi concertati, e ciò che chiamasi oggidì fantasie
per pianoforte, per violino e per arpa, ecc. 11 carattere
di queste produzioni è la civetteria, la leggerezza
e la grazia. Boccherini, Haydn, Mozart, Viotti,
hanno lasciato «lei capolavori in tal genere; e, tra i
nostri contemporanei, i Paganini, i Baillot, i Berlini,
i Labarrc, gli Ilerz, i Kalkbrenncr, i Zimmermann, i
Vicuxlemps, i Bériot, i Thalberg, i Prudent, i Sivori,
i Tulou. ecc., seguirono con successo le tracce di
questi maestri.
Fra le composizioni di concerto e di sala, non scordiamoci
di mentovar la Ilonianza. Sotto questo rapporto
la scuola francese s’è posta senza contraddizione
al primo rango nel mondo musicale. Nulla giugno ad
eguagliare la voga e la popolarità di cui godono in
Europa alcuni dei nostri compositori di romanze, c
particolarmente i signori Romagncsi, Panscron, madama
Duchange, madamigella L. Puget, il sig. Th. Labarre,
ecc. Ma altresì quale sentimento, quale ingenuità,
quale grazia, quale delicatezza, qual gusto squisito
trovasi nei loro piccoli drammi, nelle loro gentili
creazioni!
In Alemagna i Lieders di Schubert hanno schiusa
una nuova strada ai compositori per sala c per concerto.
Sotto l’influenza delle deliziose melodie di quel
maestro, il carattere della romanza francese si è ingrandito
c sviluppato. Si è a Nourrit che l’arte musicale,
in Francia, va debitrice di tal progresso, mentre
si fu questo grande artista che ci ha rivelale le opere
di Francesco Schubert.
PROGETTO
m 1T707A RIFORMA MUSICALE
( Contili nazione, Vedi il N. 18, 19, 20, c 24).
Molte circostanze m’obbligano, mio caro Lorenzo,
a privarmi presto del piacere di trattenermi tcco per
mezzo di lettere; onde volendo pur darti un’idea
chiara, per quanto è possibile, con parole, della mia
riforma musicale, scriverò ancora questa, e forse un’altra
lettera, riserbandomi poi, quando lo creda opportuno,
a scrivere più a lungo su questa materia in
altra occasione.
La musica, come le altre arti e scienze, prima di
svilupparsi cd arrivare allo stato di perfezione, ebbe
dirò quasi un’infanzia. Omnia veruni. principia parva
sunt, sed suis progressionibus usti augentur. Eie. - Da
prima un tubo di legno o di canna serviva di flauto;
Ó
molti di questi uniti insieme formavano la Zampogna.
Quindi, per poter cavare varie voci da un solo tubo,
l’invenzione de’pertugi, o fori. Pietre rozze rappresentavano
gli Dei degli antichi greci. Alberi vuoti e
meschine capanne furono le prime abitazioni degli
uomini. In seguilo migliorando a poco a poco, in musica
particolarmente ai dì nostri, siamo forse arrivali
al più alto grado di perfezione. Resta però, se non
vedo male, a perfezionare la maniera di scriverla. Stabilito
il genere diatonico, dal quale non ci possiamo
dipartire, c dovendo per conseguenza supporre, se
non è, il fa diesis identico al sol bemolle, non capisco
il perchè s’abbia da lasciare la cosa in maniera che si
presenti sempre sotto differenti aspetti. Dalla progressione
di quinta per i diesis, c di quarta per i bemolli
nasce, come abbiamo dello altrove, un numero
indefinito di scale, giacche questa non esclude i diesis
come i bemolli tripli, quadrupli, ecc. Quanti inconvenienti
non nascono da ciò? Chi stabilisce il suo sistema
di scale partendo dal Do, e va poi di grado
mischiando diesis a bemolli, ed arriva a scrivere anche
le scale con due c tre diesis o bemolli doppj in
chiave, che al solo vederle scritte., spaventano, e
pare s’abbia da sormontare un’immensa difficoltà.
Chi parte dal sol arriva fino ai sei diesis, e continua
poi con cinque bemolli. Chi parie dal do e andando
di quinta arriva fino al do diesis per principiare dal
fa un’altra serie di quarta: e così in mezzo a questa
discrepanza di sistemi v’è più d’uno che non sa
quante sieno le scale principali. Ma v’è di peggio ancora.
Ammettendo soltanto i diesis e bemolli doppj,
ciascheduna delle sette note può formare dieci differenti
toni, e per conseguenza do, do diesis, re, si, si
beino!le possono venir sempre rappresentati dalla nota
do. Dal che si potrebbe dedurre, stabilito il mi terza
a do, che il mi doppio bemolle ossia re, sia terza a do
doppio diesis ch’è lo stesso re, c così mi doppio diesis
ossia fa diesis, sia terza a do doppio bemolle ossia
si bemolle. Quanto non sarebbe più facile se ciascheduna
di queste note si vedesse sempre scritta d’una
maniera? Più facile per chi scrive, poiché senza bisogno
di metter bequadri per toglier diesis o bemolli,
il che sovente accade di dimenticare, non dovrebbe
pensare che a scriver la nota rotonda o bislunga secondo
il bisogno; e per la stessa ragione molto più
facile all’esecutore in generale, e segnatamente a chi
non conosce l’armonia.
Il vantaggio maggiore poi sarebbe per il cantante.
Nessun mi vorrà negare, spero, che non sia più facile
il salto dal do al mi, che quello dal si diesis al
re doppio diesis, ch’è pur Io stesso, o almeno secondo
il nostro sistema coincide sulle stesse note. Lo stesso
dicasi di tanti altri salii: come p. e., per dirne, un altro,
dal do al si bemolle quanto non è più facile che
quello dallo stesso do al la diesis? è dunque fuor di
dubbio che una delle difficoltà per il cantante si è
quella di vedere questi salti sotto differenti aspelli, e
che faciliterebbe di molto la cosa il ridurli a non potersi
scrivere che, in una maniera. V’è però ehi crede
che il vedere il diesis o il bemolle innanzi alia nota faciliti
l’intonazione, avendo associato l’idea a quello del
crescere, a questo del calare: ma non è, secondo me,
in ragione del diesis o bemolle, bensì della nota successiva, e questo s’otterrebbe nè più nè meno A rdendo
una nota equivalente a quella con diesis o bemolle
scritta con altri caratteri. E da riflettersi ancora
che il diesis c bemolle non sempre si vedono accanto
alla nota, e talvolta si fanno senza sapere; qui invece
si vedrebbe la nota costantemente (al quale, si deve
eseguire.
lin’allra cosa di non molta importanza, ma che pur
giova a far conoscere che non c’intendiamo bene in
questo linguaggio, è quella di non poter dare una regola
certa al principiante per distinguere, il modo maggiore
dal minore, essendo ambidue muniti dello stesso
numero d’accidenti. Io vorrei pertanto indicare il modo
maggiore per mezzo della tonica, c distinguerlo dal
minore aggiungendo a questa una linea trasversale.
Ciò che presenta a prima vista un ostacolo è l’armonia.
Negli accordi diminuiti ed alterati, pare non
si possa far di meno de’ diesis e bemolli, perchè dalla
maniera di scriver le note cambiano gli accordi; ma
questo formerà il soggetto d’un’altra cd ultima lettera.
Genova, fi febbrajo 1844.
Maurizio Scorati.
VARIETÀ
Tutti i grandi uomini hanno le loro debolezze. Così
Federico il Grande era più superbo del suo flauto che
delle sue vittoriose battaglie. Il gran pittore David
avrebbe voluto farsi valere per un violinista. Grctry si
faceva più bello delle sue filosofiche dissertazioni che
della sua musica. Bcrangcr dava molto maggior pregio
a’ suoi lavori istorici che alle sue canzoni, che corrono
per la bocca di tutti i suoi compatrioti.
(G. M. di Vienna).
GAZZETTINO SETTIMANALE
I
DI ’III.AVO
— Giovedì sera 27 corrente davasi al Carcano la da
1 lungo tempo attesa Maria di Kohan di Donizetti. - Non
j è nostro costume tener conto di plausi o di qualsiasi
ì dimostrazione di pubblici, talvolta indulgenti, tal altra
severi. Questa beli’ Opera dell’inesauribile autore fu
| anche qui festeggiala, ma non sappiamo quanto la cassetta
dell’impresario avrà ad arricchirsi in conseguenza di
tale successo. Infatti l’Opera non s’attaglia agli attuali
esecutori, e Maria di Bohan al paro di Boberto il
Diavolo (se non più ancora) esige un’interpretazione
vocale più degna). Noi l’attenderemo dunque a momenti
migliori. - In quanto poi al merito del lavoro musicale
i nostri lettori devono ancora aver presenti i dotti cenni! del nostro collaboratore Maestro Torrigiani, inseriti nel
N. 23 della Gazzetta Musicale, anno corrente, coi quali,
I per il poco che abbiamo potuto apprezzare in mezzo ad
una esecuzione non sufficiente, troviamo di convenire nei
principali punti. - Del resto non intendiamo far carico con: ciò nè agli esecutori, nè all’Impresa del Carcami. Quelli
I fanno il loro dovere, questa intendeva di fare il proprio
। interesse. Non lamentiamo che il solo destino, che; ne conduce a giudicare di nuove partizioni in teatri
che trovansi nell’impossibilità di renderle nel loro integro
valore.
— Il Campanello dello stesso Donizetti al Re attira
‘ qualche viglictlo di più dell’ordinario. - È una graziosa! farsetta, che mista, come è, di prosa vivace e di musica
• scorrevole, può fare per più sere le fortune di qualunque
■ teatro, le pareti del quale dimandino il melodramma
i giocoso, più che il tragico. - Ne sorprende che il Cam!
panello non abbia per anco fatto un maggior giro. Ma
lo farà senza dubbio.
I — L’Opera alla Canobbiana è agli cstreinijislanti della
sua modesta carriera. Quantunque siffattamente affetta
da malattia di languore c di consunzione, essa non
pertanto si spegno di morte naturale.
— La mattina pure dello scorso Giovedì venne cseI
gnita nella Chiesa di 8. Tommaso una Messa solenne! espressamente scritta dal chiaro nostro maestro signor
Paolo Brambilla. Vanno lodate in questa composizione
la spontaneità e F eleganza delle melodie, nonché in
alcuni pezzi concertali una profondità di scienza non
comune, una rara facilità nella disposizione delle parti,
cd una bella maestria nel rendere esattamente colla
i musica il senso delle parole.
— L’altro jeri è qui giunto il signor Giuseppe Donizetti,
fratello del celebre compositore, c capo della
musica militare di S. A. il gran Sultano.
CORRISPONDENZA PARTICOLARE
— Fiheaze. L’Emani è andato in scena Giovedì 20
corrente, ed ha fatto mollo incontro, il che va sempre
più a consolidare la riputazione di questo sparlilo. La
Frezzolini, l’oggi e De Bassini hanno colti molli onori
cd innumerevoli applausi.
L’esito della seconda sera fu anche superiore, sebbene
i cantanti fossero un poco stanchi dalle replicate prove
in teatro e nel Palazzo Vecchio, dove il giorno di S. Giovanni
24 corrente, doveasi dare una grandissima Accademia
a benefizio degli Asili e nella quale questi medesimi
artisti agivano. Peccato che la parte di Silva
non abbia un esecutore eguale a Carlo, parte che De
Bassini disimpegna assai bene!
NB. Aon avendo la Bedazione per anco ricevuto il
secondo articolo che il nostro collaboratore signor
Balbi aveva promesso, per non tenerci in ritardo
di notizie, diamo luogo per ora al seguente
brano di lettera d’un nostro corrispondente, toccante
l’attuale esecuzione degli Anglicani al Teatro
Nuovo di Padova.
Padova, 47 Giugno IS44.
— Ora vi dirò qualche cosa rapporto all’esecuzione
degli Anglicani, la quale per verità inerita qualche
riflesso. Dividiamo questa esecuzione in due parli:
cioè, la parte mutilata, e quella effettivamente eseguita.
Ed in (pianto alla prima voi sapete che lo
spartito in discorso è ricco di cinque considerevoli atti,
fra’ quali segnatamente il terzo cd il primo sono molto
lunghi. Già il Meyerbeer cade facilmente in questo difetto,
e sembra ch’egli talvolta dimentichi che chi ascolta
un atto deve sentirne altri quattro. Forse le sue teorie
l’obbligheranno a procedere così, ma con sua buona
pace l’esperienza c’insegna che la brevità non fu mai
condannata. Non vi spiaccia se rimarco questa piccola
macchia nel nostro sole musicale. Se quest Opera adunque
dovesse essere eseguita tutta come sta in origine,
porterebbe una esecuzione di pressoché cinque ore; ma
siccome lo spettacolo non deve durare oltre a quattro,
compresi i riposi ed un breve Balletto, così lo spartito
fu ridotto a durare soltanto tre ore. Ecco, qua) corollario,
una mutilazione di circa 2/5, caso, veramente nuovo