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Dell’Idrografia, ossia della circolazione, ecc. | 87 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Geografia fisica, Geikie 1878.djvu{{padleft:95|3|0]]
193. Quando una quantità considerevole di neve si accumula, essa si comprime pel proprio peso, e si trasforma in neve dura e compatta. La superficie del suolo non è che in via d’eccezione affatto piana, mentre d’ordinario è più o meno inclinata in un senso qualunque. Sulle alte montagne poi i pendii sono ordinariamente assai ripidi, e le rupi sovente cadono a picco. Quando la neve è alta sopra un pendio qualunque, viene un tempo che la forza di gravità vince la forza d’inerzia per cui essa tende a rimanere nel luogo dove è caduta, e allora comincia a discendere, lentamente calando per l’erta. Da un primo pendio passa a un secondo, e giù giù fino al fondo, in compagnia d’altra neve fluente dai pendii circostanti; e tutta quella neve confluisce nella sottoposta valle, formando come una gran lingua, la quale si muove, si allunga, seguendo la valle stessa, come una massa vischiosa e flaccida, finchè arriva sì basso, da trovare una temperatura che basta a scioglierla in acqua. Quella lingua che si allunga in giù, a partire dai campi di neve o nevai, è il ghiacciajo. Esso serve veramente a scaricare i campi di neve di quella quantità eccessiva, per cui la neve andrebbe indefinitamente accumulandosi. I ghiacciai stanno colle nevi in quei rapporti, in cui stanno colle acque i fiumi.
194. Ma il ghiacciajo, come lo stesso suo nome ci dice, non è di neve, ma di ghiaccio. La neve infatti, premendosi, conglutinandosi, plasmandosi man mano che discende, si converte in ghiaccio. Nessuna meraviglia del resto, mentre vi è noto che ogni fiocco di neve non è che un gruppo di cristalli di ghiaccio. Dungue una massa di neve non è altro che un gran mucchio di minutissimi cristalli di ghiaccio, con aria che ne riempie gli interstizî. Mano mano che la neve