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CANTO TERZO. 89

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LXV.


  Da quel giro del campo è contenuto
Della cittade il terzo, o poco meno:
Chè d’ogni intorno non avria potuto
516(Cotanto ella volgea) cingerla appieno.
Ma le vie tutte, ond’aver puote ajuto,
Tenta Goffredo d’impedirle almeno:
Ed occupar fa gli opportuni passi,
520Onde da lei si viene, ed a lei vassi.

LXVI.


  Impon che sian le tende indi munite
E di fosse profonde, e di trinciere:
Che d’una parte a cittadine uscite,
524Dall’altra oppone a correríe straniere.
Ma poi che fur queste opere fornite,
Voll’egli il corpo di Dudon vedere:
E colà trasse, ove il buon Duce estinto
528Da mesta turba e lagrimosa è cinto.

LXVII.


  Di nobil pompa i fidi amici ornaro
Il gran feretro, ove sublime ei giace.
Quando Goffredo entrò, le turbe alzaro
532La voce assai più flebile e loquace.
Ma con volto nè torbido, nè chiaro
Frena il suo affetto il pio Buglione, e tace.
E poi che ’n lui, pensando, alquanto fisse
536Le luci ebbe tenute, alfin sì disse.

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