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92 | LA GERUSALEMME |
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LXXIV.
Ma il pietoso Buglion, poi che da questa
Opra si tolse dolorosa e pia;
Tutti i fabbri del campo alla foresta
588Con buona scorta di soldati invia.
Ella è tra valli ascosa, e manifesta
L’avea fatta a i Francesi uom di Soria.
Qui per troncar le machine n’andaro,
592A cui non abbia la Città riparo.
LXXV.
L’un l’altro esorta, che le piante atterri,
E faccia al bosco inusitati oltraggj.
Caggion recise da’ taglienti ferri
596Le sacre palme, e i frassini selvaggj:
I funebri cipressi, e i pini, e i cerri,
L’elci frondose, e gli alti abeti, e i faggj:
Gli olmi mariti, a cui talor s’appoggia
600La vite, e con piè torto al ciel sen poggia.
LXXVI.
Altri i tassi, e le quercie altri percote,
Che mille volte rinnovar le chiome;
E mille volte ad ogni incontro immote
604L’ire de’ venti han rintuzzate e dome:
Ed altri impone alle stridenti rote
D’orni e di cedri l’odorate some.
Lascian al suon dell’arme, al vario grido,
608E le fere e gli augei la tana e ’l nido.