< Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

CANTO QUARTO. 103

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:123|3|0]]

XXIX.


  Argo non mai, non vide Cipro o Delo,
D’abito o di beltà forme sì care.
D’auro ha la chioma; ed or dal bianco velo
228Traluce involta, or discoperta appare.
Così qualor si rasserena il cielo,
Or da candida nube il Sol traspare;
Or dalla nube uscendo, i raggj intorno
232Più chiari spiega, e ne raddoppia il giorno.

XXX.


  Fa nove crespe l’aura al crin disciolto,
Che natura per se rincrespa in onde:
Stassi l’avaro sguardo in se raccolto,
236E i tesori d’amore, e i suoi nasconde.
Dolce color di rose in quel bel volto
Fra l’avorio si sparge e si confonde:
Ma nella bocca, ond’esce aura amorosa,
240Sola rosseggia, e semplice la rosa.

XXXI.


  Mostra il bel petto le sue nevi ignude,
Onde il foco d’amor si nutre e desta:
Parte appar delle mamme acerbe e crude,
244Parte altrui ne ricopre invida vesta:
Invida, ma s’agli occhj il varco chiude,
L’amoroso pensier già non arresta;
Chè non ben pago di bellezza esterna,
248Negli occulti secreti anco s’interna.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.