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CANTO QUARTO. 105

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XXXV.


  Donna, se pur tal nome a te conviensi;
Chè non somigli tu cosa terrena:
Nè v’è figlia d’Adamo, in cui dispensi
276Cotanto il ciel di sua luce serena:
Chè da te si ricerca? e donde viensi?
Qual tua ventura o nostra or quì ti mena?
Fà ch’io sappia chi sei; fà ch’io non erri
280Nell’onorarti, e s’è ragion, m’atterri.

XXXVI.


  Risponde: Il tuo lodar troppo alto sale;
Nè tanto in suso il merto nostro arriva:
Cosa vedi, Signor, non pur mortale,
284Ma già morta ai diletti, al duol sol viva.
Mia sciagura mi spinge in loco tale,
Vergine peregrina e fuggitiva:
Ricorro al pio Goffredo, e in lui confido;
288Tal va di sua bontade intorno il grido.

XXXVII.


  Tu l’adito m’impetra al Capitano,
S’hai, come pare, alma cortese e pia.
Ed egli: è ben ragion ch’all’un germano
292L’altro ti guidi, e intercessor ti sia.
Vergine bella, non ricorri invano:
Non è vile appo lui la grazia mia:
Spender tutto potrai, come t’aggrada,
296Ciò che vaglia il suo scettro, o la mia spada.

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