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114 | LA GERUSALEMME |
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LXII.
Per questi piedi, onde i superbi e gli empj
Calchi: per questa man che ’l dritto aita:
Per l’alte tue vittorie, e per que’ tempj
492Sacri, cui desti, e cui dar cerchi aita;
Il mio desir, tu che puoi solo, adempi;
E in un col regno a me serbi la vita
La tua pietà; ma pietà nulla giove,
496S’anco te il dritto e la ragion non move.
LXIII.
Tu, cui concesse il Cielo, e dielti in fato
Voler il giusto, e poter ciò che vuoi;
A me salvar la vita, a te lo stato
500(Chè tuo fia, s’io ’l ricovro) acquistar puoi.
Fra numero sì grande a me sia dato
Dieci condur de’ tuoi più forti eroi:
Ch’avendo i padri amici, e ’l popol fido,
504Bastan questi a ripormi entro al mio nido.
LXIV.
Anzi un de’ primi, alla cui fe commessa
È la custodia di secreta porta,
Promette aprirla, e nella reggia stessa
508Porci di notte tempo; e sol m’esorta
Ch’io da te cerchi alcuna aita; e in essa,
Per picciola che sia, si riconforta
Più che s’altronde avesse un grande stuolo:
512Tanto l’insegne estima, e ’l nome solo!