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CANTO QUARTO. 123

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LXXXIX.


  Ad altri poi, ch’audace il segno varca,
Scorto da cieco e temerario duce,
De’ cari detti, e de’ begli occhj è parca,
708E in lui timore e riverenza induce:
Ma fra lo sdegno, onde la fronte è carca,
Pur anco un raggio di pietà riluce;
Sicch’altri teme ben, ma non dispera:
712E più s’invoglia, quanto appar più altera.

XC.


  Stassi talvolta ella in disparte alquanto,
E ’l volto e gli atti suoi compone e finge
Quasi dogliosa; e infin su gli occhj il pianto
716Tragge sovente, e poi dentro il respinge.
E con quest’arti a lagrimar intanto
Seco mill’alme semplicette astringe;
E in fuoco di pietà strali d’amore
720Tempra, onde pera a sì fort’arme il core.

XCI.


  Poi, siccome ella a quei pensier s’invole,
E novella speranza in lei si deste,
Ver gli amanti il piè drizza, e le parole,
724E di gioja la fronte adorna e veste:
E lampeggiar fa quasi un doppio Sole,
Il chiaro sguardo, e ’l bel riso celeste
Su le nebbie del duolo oscure e folte,
728Ch’avea lor prima intorno al petto accolte.

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