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142 | LA GERUSALEMME |
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XLIV.
Ciò detto, l’armi chiede, e ’l capo e ’l busto
Di finissimo acciajo adorno rende,
E fa del grande scudo il braccio onusto,
348E la fatale spada al fianco appende:
E in sembiante magnanimo ed augusto,
Come folgore suol, nell’armi splende.
Marte, e’ rassembra te, qualor dal quinto
352Cielo, di ferro scendi e d’orror cinto.
XLV.
Tancredi intanto i feri spirti, e ’l core
Insuperbito d’ammollir procura.
Giovine invitto, dice, al tuo valore
356So che fia piana ogni erta impresa e dura:
So che fra l’armi sempre, e fra ’l terrore
La tua eccelsa virtute è più sicura.
Ma non consenta Dio, ch’ella si mostri
360Oggi sì crudelmente a’ danni nostri.
XLVI.
Dimmi, che pensi far? vorrai le mani
Del civil sangue tuo dunque bruttarte?
E con le piaghe indegne de’ Cristiani
364Trafigger Cristo, ond’ei son membra e parte?
Di transitorio onor rispetti vani,
Che, qual onda di mar sen viene e parte,
Potranno in te più che la fede, e ’l zelo
368Di quella gloria, che n’eterna in Cielo?