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CANTO QUINTO. 145

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LIII.


  Ma Guelfo, poi che ’l giovine feroce,
Affrettato al partir, preso ha congedo;
Quivi non bada, e se ne va veloce
420Ove egli stima ritrovar Goffredo.
Il qual, come lui vede, alza la voce;
Guelfo, dicendo, appunto or te richiedo:
E mandato ho pur ora in varie parti
424Alcun de’ nostri araldi a ricercarti.

LIV.


  Poi fa ritrarre ogn’altro, e in basse note
Ricomincia con lui grave sermone:
Veracemente, o Guelfo, il tuo nipote
428Troppo trascorre, ov’ira il cor gli sprone;
E male addursi, a mia credenza, or puote
Di questo fatto suo giusta cagione.
Ben caro avrò, che la ci rechi tale;
432Ma Goffredo con tutti è Duce eguale.

LV.


  E sarà del legitimo e del dritto
Custode in ogni caso e difensore;
Serbando sempre, al giudicare, invitto
436Dalle tiranne passioni il core.
Or se Rinaldo a violar l’editto,
E della disciplina il sacro onore
Costretto fu, come alcun dice; ai nostri
440Giudícj venga ad inchinarsi, e ’l mostri.

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