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CANTO SESTO. | 167 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:191|3|0]]
XXIII.
Ivi solo discese, ivi fermosse
In vista de’ nemici il fero Argante:
Per gran cor, per gran corpo, e per gran posse
180Superbo, e minaccevole in sembiante:
Qual Encelado in Flegra, o qual mostrosse
Nell’ima valle il Filisteo gigante.
Ma pur molti di lui tema non hanno,
184Ch’anco quanto sia forte appien non sanno.
XXIV.
Alcun però dal pio Goffredo eletto
Come il migliore, ancor non è fra molti.
Ben si vedean con desioso affetto
188Tutti gli occhj in Tancredi esser rivolti:
E dichiarato infra i miglior perfetto
Dal favor manifesto era de’ volti:
E s’udia non oscuro anco il bisbiglio:
192E l’approvava il Capitan col ciglio.
XXV.
Già cedea ciascun altro, e non secreto
Era il volere omai del pio Buglione:
Vanne, a lui disse, a te l’uscir non vieto,
196E reprimi il furor di quel fellone.
Ei tutto in volto baldanzoso e lieto,
Poichè d’impresa tal fatto è campione,
Allo scudier chiedea l’elmo e ’l cavallo:
200Poi seguíto da molti uscia del vallo.