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CANTO SESTO. | 173 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:197|3|0]]
XLI.
Sol de’ colpi il rimbombo intorno mosse
L’immobil terra, e risonarne i monti;
Ma l’impeto, e ’l furor delle percosse
324Nulla piegò delle superbe fronti.
L’uno e l’altro cavallo in guisa urtosse,
Che non fur poi, cadendo, a sorger pronti.
Tratte le spade, i gran mastri di guerra
328Lasciar le staffe, e i piè fermaro in terra.
XLII.
Cautamente ciascuno ai colpi move
La destra, ai guardi l’occhio, ai passi il piede:
Si reca in atti varj, e’n guardie nove.
332Or gira intorno, or cresce innanzi, or cede:
Or quì ferire accenna, e poscia altrove,
Dove non minacciò, ferir si vede:
Or di se discoprire alcuna parte,
336E tentar di schernir l’arte con l’arte.
XLIII.
Della spada Tancredi, e dello scudo
Mal guardato al Pagan dimostra il fianco.
Corre egli per ferirlo, e intanto nudo
340Di riparo si lascia il lato manco.
Tancredi con un colpo il ferro crudo
Del nemico ribatte, e lui fere anco:
Nè poi, ciò fatto, in ritirarsi tarda,
344Ma si raccoglie, e si ristringe in guarda.