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174 | LA GERUSALEMME |
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XLIV.
Il fero Argante, che se stesso mira
Del proprio sangue suo macchiato e molle,
Con insolito orror freme, e sospira,
348Di cruccio e di dolor, turbato e folle:
E portato dall’impeto e dall’ira,
Con la voce la spada insieme estolle:
E torna per ferire, ed è di punta
352Piagato, ov’è la spalla al braccio giunta.
XLV.
Qual nelle alpestri selve orsa, che senta
Duro spiedo nel fianco, in rabbia monta:
E contra l’arme se medesma avventa,
356E i periglj, e la morte audace affronta;
Tale il Circasso indomito diventa,
Giunta or piaga alla piaga, ed onta all’onta:
E la vendetta far tanto desia,
360Che sprezza i rischj, e le difese oblia.
XLVI.
E congiungendo a temerario ardire
Estrema forza, e infaticabil lena,
Vien che sì impetuoso il ferro gire,
364Che ne trema la terra, e ’l ciel balena:
Nè tempo ha l’altro ond’un sol colpo tire,
Onde si copra, onde respiri appena:
Nè schermo v’è ch’assicurare il possa
368Dalla fretta d’Argante e dalla possa.