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CANTO SESTO. 175

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XLVII.


  Tancredi, in se raccolto, attende invano
Che de’ gran colpi la tempesta passi.
Or v’oppon le difese, ed or lontano
372Sen va co’ giri, e co’ maestri passi.
Ma poichè non s’allenta il fier Pagano,
È forza alfin che trasportar si lassi:
E cruccioso egli ancor con quanta puote
376Violenza maggior la spada rote.

XLVIII.


  Vinta dall’ira è la ragione e l’arte,
E le forze il furor ministra, e cresce.
Sempre che scende il ferro, o fora o parte,
380O piastra, o maglia: e colpo invan non esce.
Sparsa è d’arme la terra, e l’arme sparte
Di sangue, e ’l sangue col sudor si mesce.
Lampo nel fiammeggiar, nel romor tuono,
384Fulmini nel ferir le spade sono.

XLIX.


  Questo popolo e quello incerto pende
Da sì nuovo spettacolo ed atroce:
E fra tema, e speranza il fin n’attende,
388Mirando or ciò che giova, or ciò che nuoce:
E non si vede pur, ne pur s’intende
Picciol cenno fra tanti, o bassa voce;
Ma se ne sta ciascun tacito e immoto,
392Se non se inquanto ha il cor tremante in moto.

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