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CANTO SESTO. | 185 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:209|3|0]]
LXXVII.
Parte ancor poi nelle sue lodi avresti,
E nell’opre ch’ei fesse alte e famose;
Ond’egli te d’abbracciamenti onesti
612Faria lieta, e di nozze avventurose.
Poi mostra a dito, ed onorata andresti
Fra le madri Latine, e fra le spose
Là nella bella Italia, ov’è la sede
616Del valor vero, e della vera fede.
LXXVIII.
Da tai speranze lusingata (ahi stolta!)
Somma felicitate a se figura.
Ma pur si trova in mille dubbj avvolta,
620Come partir si possa indi sicura:
Perchè vegghian le guardie, e sempre in volta
Van di fuori al palagio, e su le mura:
Nè porta alcuna, in tal rischio di guerra,
624Senza grave cagion mai si disserra.
LXXIX.
Soleva Erminia in compagnia sovente
Della Guerriera far lunga dimora.
Seco la vide il Sol dall’Occidente:
628Seco la vide la novella aurora.
E quando son del dì le luci spente,
Un sol letto le accolse ambe talora:
E null’altro pensier, che l’amoroso,
632L’una vergine all’altra avrebbe ascoso.