< Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

CANTO SESTO. 189

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:213|3|0]]

LXXXIX.


  Così risolve, e stimolata e punta
Dalle furie d’amor più non aspetta;
Ma da quella alla sua stanza congiunta
708L’arme involate di portar s’affretta.
E far lo può, chè quando ivi fu giunta
Diè loco ogn’altro, e si restò soletta:
E la notte i suoi furti ancor copria,
712Ch’ai ladri amica ed agli amanti uscia.

XC.


  Essa veggendo il ciel, d’alcuna stella
Già sparso intorno, divenir più nero;
Senza frapporvi alcun indugio, appella
716Secretamente un suo fedel scudiero,
Ed una sua leal diletta ancella:
E parte scopre lor del suo pensiero;
Scopre il disegno della fuga, e finge
720Ch’altra cagione a dipartir l’astringe.

XCI.


  Lo scudiero fedel subito appresta
Ciò ch’al bisogno necessario crede.
Erminia intanto la pomposa vesta
724Si spoglia, che le scende insino al piede:
E in ischietto vestir leggiadra resta
E snella sì, ch’ogni credenza eccede:
Nè, trattane colei ch’alla partita
728Scelta s’avea compagna, altra l’aita.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.