< Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.
202 LA GERUSALEMME

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:228|3|0]]

VIII.


  Soggiunse poscia: o padre, or che d’intorno
D’alto incendio di guerra arde il paese,
Come quì state in placido soggiorno
60Senza temer le militari offese?
Figlio, ei rispose, d’ogni oltraggio e scorno
La mia famiglia e la mia greggia illese
Sempre quì fur; nè strepito di Marte
64Ancor turbò questa remota parte.

IX.


  O sia grazia del Ciel che l’umiltade
D’innocente pastor salvi, e sublime;
O che, siccome il folgore non cade
68In basso pian ma sulle eccelse cime;
Così il furor di peregrine spade
Sol de’ gran Re le altere teste opprime;
Nè gli avidi soldati a preda alletta
72La nostra povertà vile e negletta.

X.


  Altrui vile e negletta, a me sì cara,
Chè non bramo tesor nè regal verga;
Nè cura o voglia ambiziosa o avara
76Mai nel tranquillo del mio petto alberga.
Spengo la sete mia nell’acqua chiara,
Che non tem’io che di venen s’asperga:
E questa greggia e l’orticel dispensa
80Cibi non compri alla mia parca mensa.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.