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CANTO PRIMO. 9

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XXIII.


  Ma fu de’ pensier nostri ultimo segno
Espugnar di Sion le nobil mura;
E sottrarre i Cristiani al giogo indegno
180Di servitù così spiacente e dura:
Fondando in Palestina un novo regno,
Ov’abbia la pietà sede sicura:
Nè sia chi neghi al peregrin devoto
184D’adorar la gran tomba, e sciorre il voto.
 

XXIV.


  Dunque il fatto sin ora al rischio è molto,
Più che molto al travaglio, all’onor poco,
Nulla al disegno; ove o si fermi, o volto
188Sia l’impeto dell’arme in altro loco.
Che gioverà l’aver d’Europa accolto
Sì grande sforzo, e posto in Asia il foco,
Quando sia poi di sì gran moti il fine,
192Non fabbriche di regni, ma ruine?
 

XXV.


  Non edifica quei che vuol gl’imperi
Su fondamenti fabricar mondani:
Ove ha pochi di patria e fè stranieri,
196Fra gl’infiniti popoli Pagani:
Ove ne’ Greci non convien che speri,
E i favor d’Occidente ha sì lontani;
Ma ben move ruine, ond’egli oppresso,
200Sol construtto un sepolcro abbia a se stesso.

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