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206 LA GERUSALEMME

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XX.


  Indi dicea piangendo: in voi serbate
Questa dolente istoria, amiche piante:
Perchè se fia ch’alle vostr’ombre grate
156Giammai soggiorni alcun fedele amante,
Senta svegliarsi al cor dolce pietate
Delle sventure mie sì varie e tante:
E dica: ah troppo ingiusta empia mercede
160Diè Fortuna ed Amore a sì gran fede!

XXI.


  Forse avverrà, se ’l Ciel benigno ascolta
Affettuoso alcun prego mortale,
Che venga in queste selve anco tal volta
164Quegli, a cui di me forse or nulla cale:
E rivolgendo gli occhj ove sepolta
Giacerà questa spoglia inferma e frale,
Tardo premio conceda a’ miei martiri
168Di poche lagrimette, e di sospiri.

XXII.


  Onde, se in vita il cor misero fue,
Sia lo spirito in morte almen felice:
E ’l cener freddo delle fiamme sue
172Goda quel ch’or godere a me non lice.
Così ragiona ai sordi tronchi, e due
Fonti di pianto da’ begli occhj elíce.
Tancredi intanto, ove fortuna il tira
176Lunge da lei, per lei seguir, s’aggira.

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