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208 LA GERUSALEMME

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XXVI.


  Geme cruccioso, e incontra il Ciel si sdegna
Che sperata gli neghi alta ventura:
Ma della donna sua, quand’ella vegna
204Offesa pur, far la vendetta giura.
Di rivolgersi al campo alfin disegna,
Benchè la via trovar non s’assicura;
Chè gli sovvien che presso è il dì prescritto
208Che pugnar dee col cavalier d’Egitto.

XXVII.


  Partesi, e mentre va per dubbio calle,
Ode un corso appressar ch’ognor s’avvanza:
Ed alfine spuntar d’angusta valle
212Vede uom che di corriero avea sembianza.
Scotea mobile sferza, e dalle spalle
Pendea il corno sul fianco a nostra usanza.
Chiede Tancredi a lui, per quale strada
216Al campo de’ Cristiani indi si vada.

XXVIII.


  Quegli Italico parla: Or là m’invio,
Dove m’ha Boemondo in fretta spinto.
Segue Tancredi lui che del gran zio
220Messaggio stima, e crede al parlar finto.
Giungono al fin là dove un sozzo e rio
Lago impaluda, ed un castel n’è cinto,
Nella stagion che ’l Sol par che s’immerga
224Nell’ampio nido ove la notte alberga.

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