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216 | LA GERUSALEMME |
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L.
Così d’amor, d’onor cura mordace
Quinci e quindi al Guerrier l’animo rode.
Or mentre egli s’affligge, Argante audace
396Le molli piume di calcar non gode;
Tanto è nel crudo petto odio di pace,
Cupidigia di sangue, amor di lode;
Che delle piaghe sue non sano ancora
400Brama che ’l sesto dì porti l’aurora.
LI.
La notte che precede, il Pagan fero
Appena inchina per dormir la fronte:
E sorge poi che ’l cielo anco è sì nero,
404Che non dà luce in su la cima al monte.
Recami l’arme, grida al suo scudiero,
E quegli aveale apparecchiate e pronte:
Non le solite sue; ma dal Re sono
408Dategli queste, e prezioso è il dono.
LII.
Senza molto mirarle egli le prende,
Nè dal gran peso è la persona onusta;
E la solita spada al fianco appende,
412Ch’è di tempra finissima e vetusta.
Qual con le chiome sanguinose orrende
Splender cometa suol per l’aria adusta,
Che i regni muta, i feri morbi adduce,
416E ai purpurei Tiranni infausta luce;