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CANTO SETTIMO. | 227 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:253|3|0]]
LXXXIII.
Piene intanto le mura eran già tutte
Di varia turba; e ’l barbaro Tiranno
Manda Clorinda, e molte genti instrutte,
660Che, ferme a mezzo il colle, oltre non vanno.
Dall’altro lato in ordine ridutte
Alcune schiere di Cristiani stanno:
E largamente a’ due campioni il campo
664Voto riman fra l’uno e l’altro Campo.
LXXXIV.
Mirava Argante, e non vedea Tancredi,
Ma d’ignoto campion sembianze nuove.
Fecesi il Conte innanzi; e, quel che chiedi,
668È, disse a lui, per tua ventura altrove.
Non superbir però chè me quì vedi
Apparecchiato a riprovar tue prove:
Ch’io di lui posso sostener la vice,
672O venir come terzo a me quì lice.
LXXXV.
Ne sorride il superbo, e gli risponde:
Che fa dunque Tancredi, e dove stassi?
Minaccia il Ciel con l’arme, e poi s’asconde,
676Fidando sol ne’ suoi fugaci passi.
Ma fugga pur nel centro, o in mezzo l’onde,
Chè non fia loco ove sicuro il lassi.
Menti, replica l’altro, a dir ch’uom tale
680Fugga da te; ch’assai di te più vale.