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238 LA GERUSALEMME

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CXVI.


  L’acqua in un tempo, il vento, e la tempesta
Negli occhj ai Franchi impetuosa fere:
E l’improvvisa violenza arresta,
924Con un terror quasi fatal, le schiere.
La minor parte d’esse accolta resta
(Che veder non le puote) alle bandiere.
Ma Clorinda, che quindi alquanto è lunge,
928Prende opportuno il tempo, e ’l destrier punge.

CXVII.


  Ella gridava ai suoi: per noi combatte,
Compagni, il Cielo, e la giustizia aita.
Dall’ira sua le facce nostre intatte
932Sono, e non è la destra indi impedita:
E nella fronte solo irato ei batte
Della nemica gente impaurita,
E la scuote dell’arme, e della luce
936La priva: andianne pur, chè ’l Fato è duce.

CXVIII.


  Così spinge le genti, e ricevendo
Sol nelle spalle l’impeto d’Inferno,
Urta i Francesi con assalto orrendo,
940E i vani colpi lor si prende a scherno.
Ed in quel tempo Argante anco, volgendo,
Fa de’ già vincitori aspro governo;
E quei, lasciando il campo a tutto corso,
944Volgono al ferro e alle procelle il dorso.

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