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CANTO OTTAVO. 243

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V.


  Molti scorta gli furo al Capitano,
Vaghi d’udir del peregrin novelle.
Egli inchinollo, e l’onorata mano
36Volea baciar che fa tremar Babelle.
Signor, poi dice, che con l’Oceano
Termini la tua fama, e con le stelle,
Venirne a te vorrei più lieto messo....
40Qui sospirava, e soggiungeva appresso:

VI.


  Sveno, del Re de’ Dani unico figlio,
Gloria e sostegno alla cadente etade,
Esser tra quei bramò, che ’l tuo consiglio
44Seguendo, han cinto per Gesù le spade:
Nè timor di fatica, o di periglio,
Nè vaghezza del regno, nè pietade
Del vecchio genitor, sì degno affetto
48Intepidir nel generoso petto.

VII.


  Lo spingeva un desio d’apprender l’arte
Della milizia faticosa e dura
Da te sì nobil mastro: e sentia in parte
52Sdegno e vergogna di sua fama oscura;
Già di Rinaldo il nome in ogni parte
Con gloria udendo in verdi anni matura:
Ma più ch’altra cagione, il mosse il zelo
56Non del terren, ma dell’onor del Cielo.

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