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CANTO OTTAVO. 245

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XI.


  Par che la sua viltà rimproverarsi
Senta nell’altrui gloria, e se ne rode:
E chi’l consiglia, e chi’l prega a fermarsi,
84O che non esaudisce, o che non ode.
Rischio non teme, fuorchè ’l non trovarsi
De’ tuoi gran rischj a parte e di tua lode:
Questo gli sembra sol periglio grave;88Degli altri o nulla intende, o nulla pave.

XII.


  Egli medesmo sua fortuna affretta;
Fortuna che noi tragge, e lui conduce:
Peroch’appena al suo partire aspetta
92I primi rai della novella luce.
È per miglior la via più breve eletta;
Tale ei la stima, ch’è Signore, e Duce:
Nè i passi più difficili o i paesi
96Schivar si cerca de’ nemici offesi.

XIII.


  Or difetto di cibo, or cammin duro
Trovammo, or violenza, ed or aguati;
Ma tutti fur vinti i disagj, e furo
100Or uccisi i nemici, ed or fugati.
Fatto avean ne’ periglj ogni uom sicuro
Le vittorie, e insolenti i fortunati:
Quando un dì ci accampammo ove i confini
104Non lunge erano omai de’ Palestini.

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