Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO OTTAVO. | 247 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:275|3|0]]
XVII.
Si grida all’arme, all’arme; e Sveno, involto
Nell’arme, innanzi a tutti oltre si spinge:
E magnanimamente i lumi e ’l volto
132Di color, d’ardimento, infiamma e tinge.
Ecco siamo assaliti, e un cerchio folto
Da tutti i lati ne circonda e stringe:
E intorno un bosco abbiam d’aste e di spade,
136E sovra noi di strali un nembo cade.
XVIII.
Nella pugna inegual (perocchè venti
Gli assalitori sono incontra ad uno)
Molti d’essi piagati, e molti spenti
140Son da cieche ferite all’aer bruno.
Ma il numero degli egri e de’ cadenti
Fra l’ombre oscure non discerne alcuno.
Copre la notte i nostri danni, e l’opre
144Della nostra virtute insieme copre.
XIX.
Pur sì fra gli altri Sveno alza la fronte,
Ch’agevol è che ognun vedere il possa:
E nel bujo sue prove anco son conte
148A chi vi mira, e l’incredibil possa.
Di sangue un rio, d’uomini uccisi un monte
D’ogn’intorno gli fanno argine, e fossa:
E dovunque ne va sembra che porte
152Lo spavento negli occhj, e in man la morte.