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254 | LA GERUSALEMME |
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XXXVIII.
Resta che sappia tu chi sia colui
Che deve della spada esser erede.
Questi è Rinaldo il giovinetto, a cui
300Il pregio di fortezza ogn’altro cede.
A lui la porgi, e dì, che sol da lui
L’alta vendetta il Cielo e ’l mondo chiede.
Or mentre io le sue voci intento ascolto,
304Fui da miracol novo a se rivolto.
XXXIX.
Chè là dove il cadavero giacea,
Ebbi improvviso un gran sepolcro scorto,
Che sorgendo rinchiuso in se l’avea,
308Come non so, nè con qual’arte sorto:
E in brevi note altrui vi si sponea
Il nome, e la virtù del guerrier morto.
Io non sapea da tal vista levarmi,
312Mirando ora le lettre, ed ora i marmi.
XL.
Quì, disse il vecchio, appresso ai fidi amici
Giacerà del tuo Duce il corpo ascoso;
Mentre gli spirti amando in Ciel felici
316Godon perpetuo bene e glorioso.
Ma tu col pianto omai gli estremi uficj
Pagato hai loro, e tempo è di riposo.
Oste mio ne sarai sinch’al viaggio
320Mattutin ti risvegli il novo raggio.