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CANTO OTTAVO. | 259 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:287|3|0]]
LIII.
Mancava ancor la destra: e ’l busto grande
Molte ferite avea dal tergo al petto:
E non lontan con l’Aquila, che spande
420Le candide ali, giacea il voto elmetto.
Mentre cerco d’alcuno a cui dimande,
Un villanel sopraggiungea soletto:
Che indietro il passo, per fuggirne, torse
424Subitamente che di noi s’accorse.
LIV.
Ma seguitato e preso, alla richiesta
Che noi gli facevamo, alfin rispose
Che ’l giorno innanzi uscir della foresta
428Scorse molti guerrieri, onde ei s’ascose:
E ch’un d’essi tenea recisa testa
Per le sue chiome bionde, e sanguinose,
La qual gli parve, rimirando intento,
432D’uom giovinetto, e senza peli al mento.
LV.
E che ’l medesmo poco poi l’avvolse
In un zendado dall’arcion pendente.
Soggiunse ancor, ch’all’abito raccolse
436Ch’erano i cavalier di nostra gente.
Io spogliar feci il corpo, e sì men dolse,
Che piansi nel sospetto amaramente:
E portai meco l’arme, e lasciai cura
440Ch’avesse degno onor di sepoltura.