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276 LA GERUSALEMME

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XIV.


  Va seco Aletto, e poi lo lascia, e veste
D’uom che rechi novelle abito e viso:
E nell’ora che par che ’l mondo reste
108Fra la notte e fra ’l dì dubbio e diviso,
Entra in Gerusalemme, e, tra le meste
Turbe passando, al Re dà l’alto avviso
Del gran campo che giunge, e del disegno;
112E del notturno assalto e l’ora, e ’l segno.

XV.


  Ma già distendon l’ombre orrido velo
Che di rossi vapor si sparge e tigne.
La terra, in vece del notturno gelo,
116Bagnan rugiade tepide e sanguigne.
S’empie di mostri, e di prodigj il Cielo:
S’odon fremendo errar larve maligne:
Votò Pluton gli abissi, e la sua notte
120Tutta versò dalle Tartaree grotte.

XVI.


  Per sì profondo orror verso le tende
Degl’inimici il fier Soldan cammina.
Ma quando a mezzo dal suo corso ascende
124La notte, onde poi rapida dechina;
A men d’un miglio, ove riposo prende
Il sicuro Francese, ei s’avvicina.
Quì fè cibar le genti, e poscia, d’alto
128Parlando, confortolle al crudo assalto.

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