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292 | LA GERUSALEMME |
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LXII.
Venia scuotendo con l’eterne piume
La caligine densa, e i cupi orrori.
S’indorava la notte al divin lume,
492Che spargea scintillando il volto fuori.
Tale il Sol nelle nubi ha per costume
Spiegar, dopo la pioggia, i bei colori.
Tal suol, fendendo il liquido sereno,
496Stella cader della gran madre in seno.
LXIII.
Ma giunto ove la schiera empia infernale
Il furor de’ Pagani accende e sprona;
Si ferma in aria in sul vigor dell’ale,
500E vibra l’asta, e lor così ragiona:
Pur voi dovreste omai saper con quale
Folgore orrendo il Re del mondo tuona,
O nel disprezzo e ne’ tormenti acerbi
504Dell’estrema miseria anco superbi.
LXIV.
Fisso è nel Ciel, ch’al venerabil segno
Chini le mura, apra Sion le porte.
A chè pugnar col Fato? a chè lo sdegno
508Dunque irritar della celeste corte?
Itene maledetti al vostro regno,
Regno di pene, e di perpetua morte:
E siano in quegli a voi dovuti chiostri
512Le vostre guerre, ed i trionfi vostri.