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CANTO DECIMO. | 329 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:361|3|0]]
LXXI.
Così ce n’andavamo: e come l’alta
Provvidenza del Cielo ordina e move,
Il buon Rinaldo, il qual più sempre esalta
564La gloria sua con opre eccelse e nuove,
In noi s’avviene, e i cavalieri assalta
Nostri custodi, e fa le usate prove:
Gli uccide e vince, e di quell’arme loro
568Fa noi vestir, che nostre in prima foro.
LXXII.
Io ’l vidi, e ’l vider questi: e da lui porta
Ci fu la destra, e fu sua voce udita.
Falso è il romor che quì risuona e porta
572Sì rea novella, e salva è la sua vita:
Ed oggi è il terzo dì che, con la scorta
D’un peregrin, fece da noi partita
Per girne in Antiochia: e pria depose
576L’arme che rotte aveva e sanguinose.
LXXIII.
Così parlava; e l’Eremita intanto
Volgeva al Cielo l’una e l’altra luce.
Non un color, non serba un volto: o quanto
580Più sacro e venerabile or riluce!
Pieno di Dio, ratto dal zelo, accanto
Alle angeliche menti ei si conduce:
Gli si svela il futuro, e nell’eterna
584Serie degli anni e delle età s’interna.