< Pagina:Gerusalemme liberata I.djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

CANTO SECONDO. 37

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata I.djvu{{padleft:53|3|0]]

XI.


  Ma poichè ’l Re crudel vide occultarse
Quel che peccato de’ fedeli ei pensa;
Tutto in lor d’odio infellonissi, ed arse
84D’ira, e di rabbia immoderata immensa.
Ogni rispetto obblia; vuol vendicarse,
(Segua che puote) e sfogar l’alma accensa:
Morrà, dicea, non andrà l’ira a voto,
88Nella strage comune il ladro ignoto.

XII.


  Purchè ’l reo non si salvi, il giusto pera
E l’innocente. Ma qual giusto io dico?
È colpevol ciascun, nè in loro schiera
92Uom fu giammai del nostro nome amico.
S’anima v’è nel novo error sincera,
Basti a novella pena un fallo antico.
Su, su, fedeli miei, su via prendete
96Le fiamme, e ’l ferro, ardete, ed uccidete.

XIII.


  Così parla alle turbe, e se n’intese
La fama tra’ fedeli immantinente,
Ch’attoniti restar, sì gli sorprese
100Il timor della morte omai presente.
E non è chi la fuga o le difese,
Lo scusare o ’l pregare ardisca, o tente;
Ma le timide genti e irresolute,
104Donde meno speraro ebber salute.

    Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.