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38 | LA GERUSALEMME |
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XIV.
Vergine era fra lor di già matura
Verginità, d’alti pensieri e regj:
D’alta beltà, ma sua beltà non cura,
108O tanto sol quant’onestà sen fregi.
È il suo pregio maggior, che tra le mura
D’angusta casa asconde i suoi gran pregj:
E de’ vagheggiatori ella s’invola
112Alle lodi, agli sguardi, inculta e sola.
XV.
Pur guardia esser non può che’n tutto celi
Beltà degna ch’appaja, e che s’ammiri:
Nè tu il consenti, Amor; ma la riveli
116D’un giovenetto ai cupidi desiri.
Amor, ch’or cieco, or Argo, ora ne veli
Di benda gli occhj, ora ce gli apri e giri;
Tu per mille custodie entro ai più casti
120Verginei alberghi il guardo altrui portasti.
XVI.
Colei Sofronia, Olindo egli s’appella,
D’una cittade entrambi, e d’una fede.
Ei che modesto è sì, com’essa è bella,
124Brama assai, poco spera, e nulla chiede;
Nè sa scoprirsi, o non ardisce: ed ella
O lo sprezza, o nol vede, o non s’avvede.
Così finora il misero ha servito
128O non visto, o mal noto, o mal gradito.