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48 LA GERUSALEMME

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XLIV.


  Così pregollo: e da colui risposto
Breve, ma pieno alle dimande fue.
Stupissi udendo, e immaginò ben tosto
348Ch’egualmente innocenti eran que’ due.
Già di vietar lor morte ha in se proposto,
Quanto potranno i preghi o l’armi sue.
Pronta accorre alla fiamma, e fa ritrarla,
352Che già s’appressa: ed ai ministri parla.

XLV.


  Alcun non sia di voi, che ’n questo duro
Uficio oltra seguire abbia baldanza,
Finch’io non parli al Re: ben v’assicuro,
356Ch’ei non v’accuserà della tardanza.
Ubbidiro i sergenti, e mossi furo
Da quella grande sua regal sembianza.
Poi verso il Re si mosse, e lui tra via
360Ella trovò, che ’ncontra lei venia.

XLVI.


  Io son Clorinda, disse; hai forse intesa
Talor nomarmi, e quì, Signor, ne vegno,
Per ritrovarmi teco alla difesa
364Della fede comune, e del tuo regno.
Son pronta (imponi pure) ad ogni impresa:
L’alte non temo, e l’umili non sdegno.
Voglimi in campo aperto, o pur tra ’l chiuso
368Delle mura impiegar, nulla ricuso.

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