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CANTO DECIMOTERZO. | 91 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:107|3|0]]
LXXI.
Padre e Signor, se al popol tuo piovesti
Già le dolci rugiade entro al deserto:
Se a mortal mano già virtù porgesti
564Romper le pietre, e trar del monte aperto
Un vivo fiume; or rinnovella in questi
Gli stessi esempj: e se ineguale è il merto,
Adempi di tua grazia i lor difetti:
568E giovi lor che tuoi guerrier sian detti.
LXXII.
Tarde non furon già queste preghiere,
Che derivar da giusto umil desio;
Ma sen volaro al Ciel pronte e leggiere,
572Come pennuti augelli, innanzi a Dio.
Le accolse il Padre eterno, ed alle schiere
Fedeli sue rivolse il guardo pio:
E di sì gravi lor rischj e fatiche
576Gl’increbbe, e disse con parole amiche:
LXXIII.
Abbia sin quì sue dure e perigliose
Avversità sofferto il campo amato:
E contra lui, con armi ed arti ascose,
580Siasi l’inferno e siasi il mondo armato.
Or cominci novello ordin di cose,
E gli si volga prospero e beato:
Piova, e ritorni il suo Guerriero invitto;
584E venga, a gloria sua, l’oste d’Egitto.