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CANTO DECIMOQUARTO. | 97 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:115|3|0]]
V.
E mentre ammira in quell’eccelso loco
L’ampiezza, i moti, i lumi, e l’armonia:
Ecco, cinto di rai cinto di foco,
36Un cavaliero incontra a lui venia.
E in suono, a lato a cui sarebbe roco
Qual più dolce è qua giù, parlar l’udia:
Goffredo, non m’accogli? e non ragione
40Al fido amico? or non conosci Ugone?
VI.
Ed ei gli rispondea: quel nuovo aspetto
Che par d’un Sol mirabilmente adorno,
Dall’antica notizia il mio intelletto
44Sviato ha sì, che tardi a lui ritorno.
Gli stendea poi con dolce amico affetto
Tre fiate le braccia al collo intorno:
E tre fiate invan cinta l’imago
48Fuggia, qual leve sogno od aer vago.
VII.
Sorridea quegli: e, non già come credi,
Dicea, son cinto di terrena veste:
Semplice forma, e nudo spirto vedi
52Quì, cittadin della Città celeste.
Questo è tempio di Dio: quì son le sedi
De’ suoi guerrieri, e tu avrai loco in queste.
Quando ciò fia? rispose; il mortal laccio
56Sciolgasi omai, s’al restar quì m’è impaccio.