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CANTO DECIMOQUARTO. 103

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XXIII.


  E chi sarà, s’egli non è, quel forte
Ch’osi troncar le spaventose piante?
Chi girà incontra ai rischj della morte
180Con più intrepido petto e più costante?
Scuoter le mura, ed atterrar le porte
Vedrailo, e salir solo a tutti innante.
Rendi al tuo campo omai rendi, per Dio,
184Lui ch’è sua alta speme e suo desio.

XXIV.


  Rendi il nipote a me sì valoroso,
E pronto esecutor rendi a te stesso:
Nè soffrir ch’egli torpa in vil riposo;
188Ma rendi insieme la sua gloria ad esso.
Segua il vessillo tuo vittorioso:
Sia testimonio a sua virtù concesso:
Faccia opre di se degne in chiara luce,
192E rimirando te maestro e duce.

XXV.


  Così pregava; e ciascun altro i preghi,
Con favorevol fremito, seguia.
Onde Goffredo allor, quasi egli pieghi
196La mente a cosa non pensata in pria,
Come esser può, dicea, che grazia i’ neghi
Che da voi si dimanda e si desia?
Ceda il rigore: e sia ragione e legge
200Ciò che il consenso universale elegge.

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