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CANTO DECIMOQUARTO. 115

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LIX.


  Come è là giunto, cupido e vagante
Volge intorno lo sguardo, e nulla vede,
Fuorch’antri, ed acque, e fiori, ed erbe, e piante;
468Onde quasi schernito esser si crede.
Ma pur quel loco è così lieto, e in tante
Guise l’alletta, ch’ei si ferma e siede
E disarma la fronte, e la ristaura
472Al soave spirar di placid’aura.

LX.


  Il fiume gorgogliar frattanto udío
Con nuovo suono, e là con gli occhj corse;
E muover vide un’onda in mezzo al rio
476Che in se stessa si volse, e si ritorse:
E quinci alquanto d’un crin biondo uscío,
E quinci di donzella un volto sorse,
E quinci il petto, e le mammelle, e de la
480Sua forma infin dove vergogna cela.

LXI.


  Così dal palco di notturna scena
O Ninfa o Dea tarda sorgendo appare.
Questa, benchè non sia vera Sirena
484Ma sia magica larva, una ben pare
Di quelle che già presso alla Tirrena
Piaggia abitar l’insidioso mare:
Nè men ch’in viso bella, in suono è dolce:
488E così canta, e ’l Cielo e l’aure molce.

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