Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
CANTO DECIMOQUARTO. | 119 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:137|3|0]]
LXXI.
Ove, in perpetuo April, molle amorosa
Vita seco ne mena il suo diletto.
Or da così lontana e così ascosa
564Prigion trar voi dovete il giovinetto:
E vincer della timida e gelosa
Le guardie, ond’è difeso il monte e ’l tetto.
E già non mancherà chi là vi scorga,
568E chi per l’alta impresa arme vi porga.
LXXII.
Troverete, del fiume appena sorti,
Donna giovin di viso, antica d’anni:
Ch’ai lunghi crini in su la fronte attorti
572Fia nota, ed al color vario de’ panni.
Questa per l’alto mar fia che vi porti
Più ratta che non spiega aquila i vanni,
Più che non vola il folgore: nè guida
576La troverete al ritornar men fida.
LXXIII.
A piè del monte, ove la maga alberga,
Sibilando strisciar novi Pitoni,
E cinghiali arricciar l’aspre lor terga,
580Ed aprir la gran bocca orsi e leoni
Vedrete; ma scuotendo una mia verga,
Temeranno appressarsi ove ella suoni.
Poi via maggior (se dritto il ver s’estima)
584Troverete il periglio in su la cima.