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CANTO DECIMOQUARTO. | 121 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:139|3|0]]
LXXVII.
Ma come essa, lasciando il caro amante,
In altra parte il piede avrà rivolto;
Vuò ch’a lui vi scopriate, e d’adamante
612Un scudo, ch’io darò, gli alziate al volto;
Sicch’egli vi si specchi, e ’l suo sembiante
Veggia, e l’abito molle onde fu involto:
Chè a tal vista potrà vergogna e sdegno
616Scacciar dal petto suo l’amor indegno.
LXXVIII.
Altro che dirvi omai nulla m’avanza,
Se non ch’assai sicuri ir ne potrete,
E penetrar dell’intricata stanza
620Nelle più interne parti e più secrete:
Perchè non fia che magica possanza
A voi ritardi il corso, o ’l passo viete:
Nè potrà pur (cotal virtù vi guida!)
624Il giunger vostro antiveder Armida.
LXXIX.
Nè men sicura dagli alberghi suoi
L’uscita vi sarà poscia e ’l ritorno.
Ma giunge omai l’ora del sonno, e voi
628Sorger diman dovete a par col giorno.
Così lor disse; e gli menò dipoi
Ove essi avean la notte a far soggiorno.
Ivi lasciando lor lieti e pensosi,
632Si ritrasse il buon vecchio a’ suoi riposi.