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132 LA GERUSALEMME

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XXVI.


  Ei passò le colonne, e per l’aperto
Mare spiegò de’ remi il volo audace:
Ma non giovogli esser nell’onde esperto,
204Perchè inghiottillo l’Ocean vorace:
E giacque col suo corpo anco coperto
Il suo gran caso, ch’or tra voi si tace.
S’altri vi fu da’ venti a forza spinto,
208O non tornonne, o vi rimase estinto.

XXVII.


  Sicchè ignoto è il gran mar che solchi: ignote
Isole mille e mille regni asconde,
Nè già d’abitator le terre han vote;
212Ma son come le vostre anco feconde.
Son esse atte al produr: nè steril puote
Esser quella virtù che ’l Sol v’infonde.
Ripiglia Ubaldo allor: del mondo occulto,
216Dimmi, quai son le leggi e quale il culto.

XXVIII.


  Gli soggiunse colei: diverse bande
Diversi han riti, ed abiti e favelle.
Altri adora le belve: altri la grande
220Comune madre: il Sole altri e le stelle.
V’è chi d’abbominevoli vivande
Le mense ingombra scellerate e felle.
E in somma ognun, che in qua da Calpe siede,
224Barbaro è di costumi, empio di fede.

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