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CANTO DECIMOQUINTO. | 137 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:157|3|0]]
XLI.
Ella mostrando gía che all’Oriente
Tutte, con ordin lungo, eran dirette:
E che largo è fra lor quasi egualmente
324Quello spazio di mar che si frammette.
Ponsi veder d’abitatrice gente
Case e culture ed altri segni in sette:
Tre deserte ne sono; e v’han le belve
328Sicurissima tana in monti e in selve.
XLII.
Luogo è in una dell’erme assai riposto,
Ove si curva il lido e in fuori stende
Due lunghe corna, e fra lor tiene ascosto
332Un ampio seno, e porto un scoglio rende,
Ch’a lui la fronte, e ’l tergo all’onda ha opposto
Che vien dall’alto, e la respinge e fende.
S’innalzan quinci e quindi, e torreggianti
336Fan due gran rupi segno a’ naviganti.
XLIII.
Tacciono sotto i mar sicuri in pace:
Sovra ha di negre selve opaca scena:
E in mezzo d’esse una spelonca giace,
340D’edere, e d’ombre, e di dolci acque amena.
Fune non lega quì, nè col tenace
Morso le stanche navi áncora frena.
La donna in sì solinga e queta parte
344Entrava, e raccogliea le vele sparte.