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CANTO DECIMOQUINTO. | 143 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Gerusalemme liberata II.djvu{{padleft:163|3|0]]
LIX.
Mosser le natatrici ignude e belle
De’ duo’ guerrieri alquanto i duri petti;
Sicchè fermarsi a riguardarle: ed elle
468Seguian pure i lor giochi, e i lor diletti.
Una intanto drizzossi, e le mammelle
E tutto ciò che più la vista alletti
Mostrò, dal seno insuso, aperto al Cielo:
472E ’l lago all’altre membra era un bel velo.
LX.
Qual mattutina stella esce dall’onde
Rugiadosa e stillante: o come fuore
Spuntò nascendo già dalle feconde
476Spume dell’Ocean la Dea d’Amore;
Tale apparve costei: tal le sue bionde
Chiome stillavan cristallino umore.
Poi girò gli occhj, e pur allor s’infinse
480Que’ duo’ vedere, e in se tutta si strinse.
LXI.
E ’l crin, che in cima al capo avea raccolto
In un sol nodo, immantinente sciolse,
Che, lunghissimo in giù cadendo e folto,
484D’un aureo manto i molli avorj involse.
O che vago spettacolo è lor tolto!
Ma non men vago fu chi loro il tolse.
Così dall’acque e da’ capelli ascosa
488A lor si volse lieta e vergognosa.