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154 LA GERUSALEMME

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XX.


  Dal fianco dell’amante, estranio arnese,
Un cristallo pendea lucido e netto.
Sorse, e quel fra le mani a lui sospese,
156Ai misterj d’Amor ministro eletto.
Con luci ella ridenti, ei con accese,
Mirano in varj oggetti un sol oggetto:
Ella del vetro a se fa specchio: ed egli
160Gli occhj di lei sereni a sè fa speglj.

XXI.


  L’uno di servitù, l’altra d’impero
Si gloria: ella in se stessa, ed egli in lei.
Volgi, dicea, deh volgi, il cavaliero
164a me quegli occhj, onde beata bei:
Chè son, se tu no ’l sai, ritratto vero
Delle bellezze tue gl’incendj miei.
La forma lor, le meraviglie appieno,
168Più che ’l cristallo tuo, mostra il mio seno.

XXII.


  Deh, poichè sdegni me, com’egli è vago
Mirar tu almen potessi il proprio volto:
Chè ’l guardo tuo, ch’altrove non è pago,
172Gioirebbe felice in se rivolto.
Non può specchio ritrar sì dolce imago:
Nè in picciol vetro è un paradiso accolto.
Specchio t’è degno il Cielo, e nelle stelle
176Puoi riguardar le tue sembianze belle.

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